Enrico lavora in uno degli ospedali dell’Asl Napoli due nord, l’azienda copre 32 comuni tra cui centri come Afragola, Casoria, Pozzuoli e Giugliano.

Qual è la sua qualifica?
Sono un medico internista però a causa della carenza di personale, acuta e cronica, sono stato «deportato» dalla mia Azienda in Pronto soccorso assieme a quasi tutti gli altri colleghi del mio reparto. Siamo stati assunti come medici di medicina interna ma praticamente viviamo al Pronto soccorso.

Come si svolgono i turni?
La giornata tipo è drammatica. Nel nostro Ps si contano circa 140 accessi al giorno tra codici verdi, gialli e rossi, gestiti da tre medici per ogni turno. Si tratta di un ospedale periferico che è dotato di poche specialità. Eppure eseguiamo tutti gli interventi che possono essere necessari per la popolazione. La giornata tipo è quella di supplicare ai reparti dimissioni anche precoci pur di poter ricoverare la marea di pazienti che giunge al Ps e deve necessariamente essere collocata in reparto, perché parliamo di casi quasi sempre gravi.

Come fate a gestire gli accessi?
La carenza di personale ci impone di fare turni lunghi e massacranti. Ad esempio io stasera faccio la notte, domani mattina smonto, dopodomani faccio la notte. Si tratta di turni di 12 ore ma a volte, anche per indisponibilità di personale, ci ritroviamo a farne 18 se non 24 consecutive: non si può andare via se non c’è il collega che subentra. Se andassi via sarebbe reato penale: interruzione di pubblico servizio. Siamo sei, sette strutturati a dover fronteggiare tutta l’emergenza. Da inizio anno ho già accumulato circa 80 ore in più, che non mi sono state retribuite né c’è la previsione di retribuirle. Ho «regalato» una media di 10 ore al mese al Servizio sanitario.

Carenza di personale e iper afflusso: le persone restano in attesa sulle barelle.
Il nostro boarding, cioè il tempo di attesa per il posto letto, escludendo i picchi di agosto, è di circa 40, 44 ore e siamo tra le aziende più virtuose della Campania perché in altri ospedali, tramite colleghi, so di pazienti che sostano 7, 10 giorni in Pronto soccorso prima di trovare un posto in reparto.

Perché non si riescono a eliminare le barelle nei Ps?
Non c’è la volontà politica nazionale, locale e aziendale. Per cambiare questa situazione serve una sola cosa: personale medico pagato adeguatamente rispetto alle mansioni. In più viviamo anche il dramma dei codici bianco-verdi che poi sono un riflesso della mancata assistenza dei pazienti sul territorio. I 140 accessi al giorno sono solo dal verde in poi, a questi si aggiungono i bianchi cioè casi che potrebbero essere facilmente gestiti dal medico di base ma il medico non è accessibile, non visita, non risponde. La mancanza di medicina territoriale va a peggiorare la condizione degli ospedali. Chi ha bisogno di cure ha diritto a essere assistito ma dovrebbe anche esserci il filtro del medico di famiglia o della guardia medica.

Conseguenza del sovraffollamento sono le ire dei familiari, che vi accusano di non curare i pazienti.
Ho perso il conto delle aggressioni verbali. Subiamo attacchi a prescindere dal sesso, dall’età, dall’anzianità di servizio. Ad aprile ho subito una violenza fisica che mi ha tenuto lontano dal lavoro per dieci giorni. Un altro collega è stato aggredito due mesi fa in Pronto soccorso. Da inizio anno da noi abbiamo contato 5 aggressioni fisiche con effetti gravi. Se un medico è costretto a fare 30 prime visite ogni 10 ed altrettante dimissioni la qualità del servizio è ovviamente inferiore a quanto vorrebbe. La colpa non è dei dottori ma dell’iper afflusso. In base alla nostra esperienza, il personale è la metà di quanto servirebbe per gestire l’utenza.

Da voi ci sono i medici gettonisti?
No, l’Azienda non li ha voluti. I colleghi della guardia medica ci danno una mano per i codici bianchi, spesso sono specializzandi alle prime armi che hanno voglia di imparare così ci facciamo un po’ carico dell’aspetto didattico. I gettonisti sono un capitolo a parte: se vengono pagati 90 euro l’ora, in una notte intascano più di mille euro, con tre notti guadagnano gli stessi soldi di uno strutturato che fa 160 ore al mese. Un medico come me guadagna di meno, lavora di più e non può stare nel reparto di riferimento perché è costretto ad andare al Pronto soccorso. Per 2,5 euro lordi orari dobbiamo anche rispettare la reperibilità cioè essere a disposizione dell’Azienda per poter correre in ospedale entro 20 minuti.

È giusto pagare per saltare la fila al Pronto soccorso, come in provincia di Bergamo?
È un abominio, non trovo altre parole. Il nostro Sistema sanitario è il fiore all’occhiello della sanità mondiale per le modalità di accesso: chiunque abbia un problema vero e serio ha la garanzia in Italia di avere la giusta cura gratis. Ma poi è proprio sbagliato il principio: ognuno pensa che il suo malanno sia il più grave. Quando mi pressano replico «pensate che il paziente accanto sia meno urgente?». Nelle strutture pubbliche esistono regole per l’accesso, i codici colore. Il tempo d’attesa ha origine nel deficit di finanziamento, non deve dipendere dai problemi economici dei pazienti. La risposta spetta alla politica.

Perché non va a lavorare nel privato?
Il giusto paziente, nella giusta modalità e nel giusto tempo: è la triade fondamentale per raggiungere la soddisfazione professionale, per poter dire a fine turno ho salvato questa persona dalla morte. Riconoscere un segno neurologico molto sfumato, studiato 20 anni fa in un libro, indirizzando quindi il paziente verso il percorso adeguato, e vederlo tornare per dirti «dottore, avevate ragione. Mi sono salvato». Per questo si fa il medico.