Al di là di sorrisi e strette di mano, non si può proprio definire un successo la missione del premier di Tripoli Fayez Serraj di ieri a Roma. Serraj in tour nelle capitali europee – andrà a bussare anche a Berlino e Parigi – per chiedere un maggiore appoggio al suo governo di «accordo nazionale» si è rivolto all’Italia per prima, finora il suo sponsor principale, ma non ha ottenuto ciò che chiedeva: l’intimazione al generale Haftar a ritirarsi dalla capitale libica, che tiene sotto assedio da sud dal 4 aprile.

Ha ricordato al primo ministro Conte l’impegno delle forze di Misurata nello sgominare l’Isis a Sirte e quello della sua Guardia costiera nel ridurre drasticamente le partenze dei migranti dalla Libia verso le coste italiane. Per tutta risposta Conte, non solo ha ribadito la posizione di sostanziale neutralità dell’Italia – bisogna «evitare ulteriori spirali di violenza per poter avviare un confronto fra le parti sotto l’egida delle Nazioni Unite» – quindi da Pratica di Mare ha detto che ora confida «di incontrare direttamente Haftar», con cui Serraj invece non vuole scendere a patti.

L’aviazione cirenaica sta bombardando pesantemente gli approvvigionamenti di armi delle forze di Serraj a Tripoli e la contraerea ha abbattuto un caccia, riuscendo a catturare il pilota (un mercenario portoghese) ferito. In più tre brigate di rinforzo per la seconda fase dell’offensiva, avviata lunedì con l’inizio del Ramadan, sono state inviate da Zintan.

Abdulhadi Ibrahim Iahweej, ministro del governo non riconosciuto di Baida, pro Haftar, ha detto al Corriere della Sera che l’Italia ha scelto il partner sbagliato (Serraj ) e che l’inviato speciale Onu Salamé ha sbagliato ad ammantare di segretezza i 150 nomi di stakeholders invitati alla conferenza nazionale libica che avrebbe dovuto svolgersi a metà aprile a Ghadamès.

«Le milizie – ha detto il politico libico intendendo quelle di Tripoli – sono le stesse che proteggono e facilitano la tratta dei migranti verso le vostre coste. Tra loro si annidano estremisti islamici pronti a colpirvi. E Serraj non ha alcuna autorità per controllarle». Quanto all’ospedale italiano di Misurata, ha aggiunto: «Abbiamo le prove che oggi sta curando i feriti delle milizie che si battono contro il nostro esercito. Perché non ne avete aperto uno per i nostri soldati a Tarhouna o Bengasi?».

«Speriamo – ha concluso – anche che si rimetta al più presto in funzione il vostro consolato di Bengasi. Sarebbe un fatto molto importante».