La Corte suprema Usa ha avuto un ripensamento, e ha dato il via libera temporaneo all’attuazione della SB4, una legge del Texas che autorizza la polizia locale e statale a fermare e arrestare le persone sospettate di aver attraversato illegalmente il confine con il Messico. La SB4 prevede fino a 6 mesi di carcere per chi tenta un ingresso clandestino e fino 20 anni in caso di re-ingresso. Sin da subito, il disegno di legge ha sollevato timori sul pericolo di un aumento della profilazione razziale, delle detenzioni e dei tentativi di rimpatrio forzato da parte delle autorità statali, in uno stato dove i latinoamericani rappresentano il 40% della popolazione.

LA PROPOSTA era stata convertita in legge a dicembre dal governatore di estrema destra Greg Abbott, e la Corte suprema si era inizialmente opposta in quanto, secondo la legge federale, nessuno può essere arrestato se fa domanda di asilo appena entra nel Paese, e la SB4 era stata oggetto di una «sospensione amministrativa» da parte dei giudici che ne avevano congelato l’applicazione in attesa di esaminare i vari ricorsi d’emergenza.

POCO DOPO l’annuncio della prima decisione dell’Alta Corte, Abbott aveva dichiarato che « Il Texas continuerà a utilizzare ogni strumento e strategia per rispondere a questa crisi al confine creata da Biden». A dargli manforte era arrivato il procuratore generale dello stato, Ken Paxton: «La Costituzione riconosce al Texas il diritto sovrano di difendersi dai cartelli transnazionali violenti che inondano lo stato con fentanyl, armi e ogni sorta di brutalità». La posizione di Paxton si opponeva a quella del dipartimento di Giustizia, per il quale la legge texana stravolgerebbe «profondamente» lo status quo «in vigore tra governo federale e stati nel contesto dell’immigrazione, da quasi 150 anni».
Che la situazione alla frontiera tra Stati uniti e Messico sia difficile non viene messo in discussione da nessuno: da quando Joe Biden è entrato in carica le guardie che controllano il confine hanno trattenuto circa 6 milioni di migranti che cercavano di attraversare il confine. Questo però non ha impedito al Gop di rifiutare di mettere ai voti, alla Camera, la legge scritta da un gruppo bipartisan di senatori che avrebbe dato un ulteriore giro di vite alla repressione al confine.

Un giudice di una corte di grado inferiore aveva temporaneamente bloccato la legge, come ha fatto notare la giudice liberal della Corte suprema Ketanji Brown Jackson, affermando che lo statuto è probabilmente incostituzionale e «potrebbe aprire la porta alla possibilità che ciascuno stato approvi una propria versione delle leggi sull’immigrazione», costringendo il governo federale a destreggiarsi in un mosaico di leggi e regolamenti locali.

MA LA CORTE d’Appello del 5° Circuito degli Stati uniti ha rapidamente annullato quella decisione, sostenendo che la legge ha le carte in regola per essere applicata, in attesa di una decisione definitiva della Corte suprema. Che dopo un’opposizione iniziale ha deciso, con i tre giudici liberal dissenzienti, di respingere la richiesta di emergenza dell’amministrazione Biden, secondo la quale i singoli stati non hanno l’autorità per legiferare sull’immigrazione, questione su cui è il governo federale ad avere l’autorità esclusiva.

La procuratrice generale Elizabeth Prelogar, che rappresenta l’amministrazione Biden, ha avvertito che la legge del Texas «impedisce alla nazione di parlare ‘con una sola voce’ di questioni che riguardano gli affari esteri» e calpesta le responsabilità federali stabilite dal Congresso. La sua attuazione, ha affermato, potrebbe infiammare le tensioni con il Messico, il maggiore partner commerciale degli Stati uniti, e portare all’espulsione di migranti le cui vite sono in pericolo. Lo ribadisce un comunicato di Human Rights Watch: la decisione della Corte suprema «mette in grave pericolo le persone vittime di persecuzione».