Il Pnrr sarà inviato oggi a Bruxelles. Il cdm ieri lo ha approvato in via ufficiale, ma si trattava quasi di una formalità dopo la presentazione alle camere e, in una pausa della riunione di ieri, alle Regioni. L’Italia sarà così uno dei primi Paesi a presentare il Piano nella sua versione definitiva, rispettando rigorosamente il termine fissato senza chiedere proroghe. La tempestività è importante, perché si tratta di rassicurare nei fatti una Ue che nei confronti dell’Italia, nonostante Draghi, è sempre sospettosa e a maggior ragione di fronte a un accesso al prestito del Next Generation Eu che si rivelerà probabilmente senza pari. Ma anche perché correre era necessario per ottenere un anticipo del prestito pari al 13% del totale, 24 miliardi, entro luglio.

IL GOVERNO HA APPROVATO anche il piano complementare di 30, 6 miliardi, varato per decreto, che coprirà le «spese per le infrastrutture», quelle cioè escluse dal Pnrr vero e proprio, perché non abbastanza adeguate ai criteri fissati da Bruxelles. Saranno per intero i fondi previsti dal Ngeu. Il governo Conte intendeva procedere con maggior cautela, accedendo solo a metà del prestito, che può arrivare a 191,5 miliardi, e all’intera quota a fondo perduto di 69,5 miliardi. Si aggiungono infine i 13 miliardi del fondo React-Ue. Nel complesso il governo disporrà di una cifra enorme da investire nei prossimi anni, in una sfida che diventa così più che mai questione di vita o di morte per l’Italia.

È UNA SFIDA CHE SARÀ monitorata passo dopo passo dalla Ue e si tratterà di controlli reali. Il vicepresidente della Commissione Dombrovskis ieri ha rispolverato i panni, mai del tutto dismessi, del falco sottolineando che «il sistema creato per garantire l’uso appropriato dei fondi ha criteri piuttosto rigorosi». Rigorosi ma semplici, almeno sulla carta: «Se le riforme finiscono in stallo, se i progetti di investimento non vanno avanti allora parte dei fondi non arrivano». Il lettone non esclude neppure, in casi estremi, il ricorso alla procura europea. I controlli saranno frequenti e a maglie strette.

PRIMA PERÒ DOVRÀ ARRIVARE il semaforo verde di Ecofin: sarà il vero sparo d’inizio della corsa. «Nelle bozze di molti Paesi non c’era attenzione sufficiente alle raccomandazioni specifiche per ogni Paese», ha sottolineato con l’abituale severità il vicepresidente della Commissione. Tra quei Paesi c’era anche l’Italia. Ora però i Piani sono stati rivisti e concordati. Il primo gruppo di Piani nazionali sarà esaminato e approvato il 18 giugno ma il presidente di Ecofin Costa, portoghese, ha già annunciato una riunione straordinaria nell’ultima settimana di quel mese per approvare anche il secondo gruppo di Piani e partire davvero.

La corsa è a tappe, però forzate. Entro maggio arriverà il dl Semplificazioni, quasi certamente con al suo interno il dl già preparato dal ministro Cingolani sulle semplificazioni relative alla transizione ecologica. Subito dopo lo scoglio principale: la riforma fiscale, da consegnare con legge delega entro il 31 luglio. Le forze di maggioranza la pensano all’opposto esatto, il tema è di bandiera per tutti, le elezioni amministrative saranno dietro l’angolo: non sarà facile. Ma per luglio dovrebbe essere pronta e definita anche la riforma della Concorrenza, senza la quale sarebbe impossibile procedere con gli appalti per le opere in programma rispettando i criteri anti-oligopolisti indicati come determinanti da Draghi.

ANCORA PRIMA, entro giugno, dovrà essere pronta la legge sulla corruzione, anche se le leggi delega avranno tempo fino al dicembre 2022. È un altro passaggio chiave perché da un lato senza uno snellimento delle regole anticorruzione sarà impossibile procedere velocemente con gli investimenti, ma dall’altro la questione è di quelle considerate irrinunciabili, però in sensi opposti, sia dai 5S che dalla Lega.
La riforma più rischiosa resta comunque quella della giustizia, il fronte sul quale le divisioni sono più profonde e laceranti. Il cronoprogramma prevede le leggi delega sia sulla giustizia civile che su quella penale per dicembre. Ma Draghi cercherà di chiudere un accordo prima di agosto. Poi, con l’inizio del semestre bianco il 3 agosto, tutto diventerebbe più difficile.