I primi a essere trasferiti saranno i soggetti più deboli: donne e bambini, ma anche anziani e famiglie e le vittime di violenze. Comincia a delinearsi il piano dell’Onu per liberare i migranti detenuti nei campi libici. Ieri ad Adis Abeba si è tenuta una riunione operativa tra Unione africana, Unione europea, l’Alto commissariato Onu per i rifugiati e l’Organizzazione internazionale per le migrazioni. Vertice che è servito a mettere a punto le prime mosse del piano stabilito la scorsa settimana nel corso del vertice di Abidjan, in Costa d’Avorio. Secondo stime confermate sia dall’Onu che dall’Unione africana in Libia si troverebbero almeno 500 mila migranti, distribuiti in più di 40 campi, Individuarli tutti è praticamente impossibile visto che la maggior parte di loro si trova nelle mani delle milizie.

Il piano prevede che eritrei e somali – due nazionalità che possono accedere alla protezione internazionale – vengano trasferiti a Tripoli in un centro che l’Unhcr conta di riuscire ad aprire entro febbraio. Potrà ospitare fino a mille persone e avrà al suo interno una clinica e gli uffici per procedere all’esame delle richieste di asilo. L’Unhcr spera di convincere le autorità libiche a permettere ai migranti di muoversi liberamente anche all’esterno del centro dopo aver ottenuto un permesso.

Per quanto riguarda i migranti, il piano prevede la possibilità di intercettarli direttamente nei dodici punti in cui vengono sbarcati dopo essere stati fermati in mare dalla guardia costiera libica, evitando così che siano riportati nei centri di detenzione. I migranti avvicinati verranno poi trasferiti in un Paese terzo – come ad esempio la Nigeria dove nei giorni scorsi è arrivato un piccolo gruppo di 25 persone – dove vengono identificati e rimpatriati. La priorità verrà data a donne sole, bambini non accompagnati, anziani, malati, famiglie, persone traumatizzate da violenze, stupri e torture.

Il problema è che i funzionari dell’Unhcr e dell’Oim possono entrare solo nei centri gestiti dal governo (e neanche in tutti), ma nulla possono fare in quelli in mano alle milizie. Un punto sottolineato ieri da Amnesty international estremamente critica verso l’accordo di Abidjan. «Il governo (libico, ndr) non gestisce i campi né ha alcuni influenza su di essi. Questo significa che è praticamente impossibile far uscire tutti da lì», ha denunciato Franziska Vilmar, esperta di diritto d’asilo. «Due settimane di preoccupazioni per le aste degli schiavi sono state seguite da annunci volti a mantenere una pretesa di interesse umanitario, conservando il principale obiettivo dell’Europa. la chiusura del mediterraneo agli arrivi».