Sessanta milioni e quattrocentomila elettori, di cui 2,8 milioni di 18 anni che voteranno per la prima volta e in vita loro hanno conosciuto quasi solo la cancelliera Angela Merkel.

Oggi alle 8 si aprono le urne del voto epocale destinato a segnare l’inizio della nuova era della Germania, che già non è più la stessa: per la prima volta sono tre i candidati-cancellieri e non era mai successo che il capo di governo uscente rinunciasse alla corsa per la rielezione. Stando ai sondaggi, mai così ballerini, il risultato elettorale resta appeso alla manciata di preferenze che faranno la differenza. Stando all’ultimo sondaggio “Forsa” il primo partito rimane la Spd di Olaf Scholz con il 25% seguito dalla Cdu di Armin Laschet con il 22% e dai Verdi di Annalena Baerbock con il 17%, mentre i liberali sono al 12%, Afd al 10% e la Linke al 6%. Tuttavia, secondo la contemporanea rilevazione di “Allensabach” la differenza fra socialdemocratici e democristiani sarebbe di un solo punto. Massima incertezza, dunque. A partire dai tempi dello scrutinio “appesantito” dal record di elettori che hanno scelto di votare per posta.

IERI I TRE CANDIDATI hanno chiuso la campagna elettorale con il consueto comizio finale. E per l’ultima volta è scesa in campo la cancelliera Merkel per provare a soffiare sulle vele sgonfie di Armin Laschet, delfino politico non proprio a immagine a somiglianza. Il governatore del Nordreno-Vestfalia è salito sul palco di Acquisgrana scandendo l’ultimo slogan rimastogli: «Non è uguale chi governerà la Germania». Prima di sbandierare il solito mantra sul “pericolo rosso”: «Non voglio che la Linke faccia parte del nuovo esecutivo e se ci sarà la maggioranza rosso-rosso-verde l’ipotesi sarà realtà». Per il resto Laschet si è appellato soprattutto alla «stabilità» che tradotto significa: «l’Union deve arrivare prima».

NON ESATTAMENTE il discorso di un vincente, al contrario di Olaf Scholz che ha chiuso la campagna a Colonia davanti a migliaia di sostenitori. Insieme a lui i massimi dirigenti della Spd, dalla co-segreteria Saskia Esken, al ministro del Lavoro, Hubertus Heil, dall’epidemiologo Karl Lauterbach, fino alla ministra dell’Ambiente, Svenja Schulze; tutti accompagnati dal brano in sottofondo We are family.

Atmosfera decisamente più rilassata della Cdu perché «si profila un decennio socialdemocratico davanti a noi» come scandisce Esken. Così, Scholz per la prima volta respira davvero «aria di cambiamento: molti cittadini vogliono un nuovo inizio, ma il risveglio avrà successo solo con un cambio di governo». Messaggio rivolto agli «amici Verdi» con cui la Spd può governare anche se non da sola: «vista la loro debolezza, per la politica climatica avremmo bisogno di un partner di governo in più».

POCHI CHILOMETRI più a Nord, a Düsseldorf, Annalena Baerbock tiene il suo ultimo discorso facendo capire che alle urne «questa volta ci si gioca tutto». Finita terza nei sondaggi dopo il boom dei mesi scorsi, ha fatto appello a tutte le forze ambientaliste a cominciare dal movimento Fridays For Future che venerdì ha organizzato la mega manifestazione con 40 mila persone di fronte al Reichstag. «Il Fff ci chiede: basta chiacchiere, vogliamo il potere. E noi non possiamo più permetterci di fare le cose a metà. Ciò che oggi serve alla Germania è un governo per il Clima» riassume la leader Verde. Poi squaderna il programma alternativo a Spd e Cdu: «Bisogna eliminare il carbone al massimo entro il 2030 e permettere solo auto pulite mentre servono i pannelli solari su ogni tetto del Paese». In altre parole per Baerbock «la crisi climatica non è più un eco-progetto ma l’obiettivo di libertà della nostra epoca».

ALTRETTANTO NEVRALGICO è il target della Linke: lotta anzitutto per superare la soglia di sbarramento al Bundestag e poi per costruire la prima coalizione social-ecologista nazionale sul calco dei governi di Berlino, Brema e in Turingia.

Il programma dei candidati Janine Wissler e Dietmar Bartsch fa perno sulla «giustizia sociale» e si incardina su quattro misure-chiave: salario minimo aumentato a 13 euro, orario di lavoro ridotto a 30 ore settimanali e ferie allungate dagli attuali 24 a 36 giorni l’anno. Ma la Linke rimane anche l’unico vero partito antimilitarista: critico verso la Nato quanto contrario alle missioni estere della Bundeswehr e alle ingerenze in Ucraina in chiave anti-russa.

AGLI ANTIPODI SPICCANO i liberali sempre più legati al laissez faire in economia. Il candidato Christian Lindner, segretario di Fdp, ha basato la sua campagna elettorale soprattutto sulla libertà per i vaccinati e sul nein a eventuali nuovi lockdown in autunno. «Vaccinatevi, perché il danno sociale e societario delle restrizioni dei contatti personali è già stato abbastanza grande». In pratica la posizione della Confindustria tedesca.

Infine, ridotti ai minimi termini, ci sono i fascio-populisti di Afd che non spaventano quasi più nessuno dal basso del 10% nei sondaggi. I candidati Alice Weidel e Tino Chrupalla vogliono «una Germania normale» con pochi immigrati, tanta polizia e il ritorno alla centralità della famiglia ma solo tradizionale.