La conferenza dei ministri degli Interni della Ue, che ha avuto luogo ieri a Vienna – l’Austria ha la presidenza semestrale del Consiglio – è stata dedicata a fare il punto sulla cooperazione con paesi terzi, in particolare l’Africa del Nord (rappresentata al vertice), dopo le decisioni prese dai 28 all’ultimo vertice europeo dei capi di stato e di governo, a fine giugno, per gestire i flussi di immigrazione.

ALLORA ERA STATO EVOCATO il rafforzamento della cooperazione con gli stati di partenza o di transito dei migranti e la creazione di «centri controllati», cioè piattaforme regionali di sbarco. Ma, mentre i numeri dei movimenti di popolazione confermano il netto calo degli ultimi mesi, l’Europa teme di dover affrontare una nuova emergenza: in Siria la guerra continua con la battaglia di Idlib. Il commissario Dimitris Avramopoulos sta studiando un piano di emergenza se dovesse verificarsi un afflusso di profughi. La Commissione ha previsto un’evacuazione dei campi greci, in particolare quelli delle isole. La Turchia, difatti, è sempre più reticente all’accoglienza (ci sono 3,5 milioni di sfollati dalla Siria in Turchia e la Ue ha promesso fino a 6 miliardi di euro per evitare che tentino di arrivare sul suolo Ue). Il passaggio tra la Turchia e la Grecia è oggi il punto di principale entrata di migranti nella Ue: 12.166 persone sono passate, il 50% provenienti da Siria, Iraq e Afghanistan. Secondo gli ultimi dati dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni, un terzo dell’immigrazione non legale avviene ormai via terra (17.966 persone tra gennaio e metà settembre, una cifra moltiplicata per 7 rispetto allo stesso periodo del 2017). Nel Mediterraneo, al contrario, c’è un netto calo: 74.500 persone (129mila nel 2017), con una diminuzione drastica dell’80% nel Mediterraneo centrale.

NEL MEDITERRANEO ci sono stati 1.500 morti in questi mesi, una persona su 18 perisce nel tentare il passaggio. Le ong denunciano che dal 26 agosto non ci sono più navi di salvataggio operative delle organizzazioni umanitarie, il più lungo periodo di assenza, mentre i controlli sono concentrati nelle mani dei guardia-coste libici, con tutti i rischi che questo comporta per l’incolumità delle persone che tentano il passaggio. I ministri hanno anche discusso della proposta della Commissione di rivedere la direttiva «ritorno», con l’obiettivo di rendere più operative le procedure.

L’APERTURA DI CENTRI controllati in paesi terzi è in alto mare: in questo periodo sono venute in particolare alla luce le tensioni con la Tunisia, messa sotto pressione dalla Ue, che pero’ resiste e non intende diventare terreno di esperimento per queste «piattaforme».

Il vertice di Vienna è stato anche fatto il punto sul rilancio dei negoziati tra i 27 (la Gran Bretagna aspetta il Brexit) sulla riforma dei regolamenti di Dublino. Per i paesi del nord, l’importante è riformare per ridurre i flussi migratori secondari, cioè l’entrata di migranti senza documenti provenienti dai paesi del primo fronte. Su questo punto, c’è confusione sulle relazioni tra Italia e Germania. Il portavoce del ministro degli Interni tedesco, Horst Seehofer, afferma che è stato raggiunto un accordo con l’Italia per bloccare questi movimenti e che mancano solo i «dettagli tecnici» (si tratta di circa 200 persone). Ma Matteo Salvini nega. Salvini ha inoltre inscenato uno scontro con il ministro lussemburghese, Jean Asselborn. «Non abbiamo l’esigenza di avere nuovi schiavi per soppiantare i figli che non facciamo più» ha detto Salvini. Asselborn ha ricordato che in Lussemburgo sono emigrati «migliaia di italiani» per cercare una vita migliore e che adesso il governo italiano farebbe meglio ad occuparsi delle questioni economiche «per aiutare a dare da mangiare ai vostri figli».

A FARE SOLDI CON I MIGRANTI ci ha pensato l’Ungheria di Orbán, sospettata di aver venduto per 250-300mila euro migliaia di permessi di residenza a ricchi russi, cinesi e arabi (tra i russi anche alle famiglie di personalità pubbliche sotto sanzione da parte della Ue).