Néstor Francia

Più che una vittoria è sembrato un trionfo: 20 stati conquistati su 23, più il Distretto federale. Ma il Psuv, il Partito socialista unito del Venezuela, non può comunque permettersi di dormire sugli allori. Perché, se alle elezioni di domenica l’estrema destra ha raccolto esattamente il fallimento che ha seminato, i dati trasmessi dal Consiglio nazionale elettorale (Cne) indicano anche che la base di appoggio del governo Maduro si sta pericolosamente restringendo. E, pertanto, che la necessità di un rilancio del sogno di Chávez va posta urgentemente all’ordine del giorno. Di questo abbiamo parlato con Néstor Francia, poeta e saggista rivoluzionario che è stato anche membro dell’Assemblea costituente.

Come interpreta il risultato elettorale?

A mio giudizio si può parlare di uno sconfitto assoluto e di uno relativo. Il primo è rappresentano dalla destra estremista, quella guidata da personaggi come Leopoldo López e Juan Guaidó. Manca solo la costruzione di una lapide, ma sembra che questo debba essere compito del governo statunitense, lo sconfitto relativo.

Con queste elezioni, i venezuelani hanno conquistato tempo per la pace. Non so per quanto, ma spero per sempre. D’altro lato, il risultato conferma tutto ciò che il popolo venezuelano ha perso negli anni recenti: la fiducia, la leadership, il senso di appartenenza. Il Psuv ha ottenuto più forza istituzionale, e magari anche un minimo di legittimità internazionale in più, vincendo in 21 enti federali su 24. Ma questo si deve più alla solidità del suo apparato politico che all’appoggio popolare, via via più ridotto.

È questo che indica la bassa affluenza elettorale?

In base ai dati trasmessi dal Cne, il Psuv ha ottenuto circa 3 milioni e 700mila voti, mentre le forze di opposizione, nel loro insieme, ne hanno conquistati circa 4 milioni e 400mila. Su poco più di 21 milioni di elettori, il Psuv è stato scelto dal 18% degli aventi diritto: il peggior risultato della sua storia. Come ha affermato l’analista politico Fernando Rivero, «la Rivoluzione Bolivariana è in pericolo».

Ma è lo stesso esercizio della politica che si è degradato. Il discorso delle varie forze è ripetitivo, pragmatico, povero di idee e sempre più distante dalle realtà e dalle necessità della gente comune. Con Chávez si era registrata un’importante rivendicazione della politica, ma questa è ora venuta meno quasi completamente.

È arrivato il momento per il Psuv di ascoltare con umiltà e serietà le voci critiche di coloro che sono stati suoi alleati. Non si tratta di migliorare solo la gestione economica e sociale, in cui si colgono peraltro alcuni segni di apertura che possono risultare benefici, ma il modo stesso di fare politica.

Quali sono le cause principali di questa caduta di consensi?

Ovviamente, una delle cause è la crisi economica, dovuta in buona parte alle criminali sanzioni degli Stati uniti. Ma non solo a queste. I governi chavisti hanno commesso molti errori sul piano economico. Già con Chávez al governo, e con il prezzo del barile alle stelle, il Venezuela ha ottenuto ingenti entrate dalla vendita del petrolio. Tuttavia, si è continuato a gestire l’economia distribuendo tali entrate alla maniera dei governi socialdemocratici, con benefici sociali alla lunga non sostenibili. Naturalmente, Chávez si era trovato di fronte a una situazione critica ed era giusto che si preoccupasse di cominciare a saldare l’immenso debito sociale. Ma ciò avrebbe dovuto combinarsi con un massiccio investimento produttivo, al fine di liberare l’economia dalla monoproduzione petrolifera e renderci più indipendenti dal capitalismo internazionale. Questo è mancato, e l’errore si fa sentire.

Dall’altro lato, vi sono gli errori politici: la prepotenza, la presunzione, il settarismo e l’intolleranza di alcuni dei dirigenti stanno facendo molto danno. Il Psuv è diventato una setta minoritaria simile a quelle evangeliche, con i suoi dogmi, i suoi canti, i suoi salmi, i suoi pastori e i suoi rituali, sempre più distante dal popolo e chiusa in se stessa. Non sarà ora di un ricambio al vertice?

Che ne è del processo di transizione al socialismo, a fronte di provvedimenti così marcatamente capitalisti come la “Ley Antibloqueo” e il progetto di legge sulle Zone economiche speciali?

In Venezuela non c’è mai stata questa presunta transizione al socialismo. Oggi, in verità, mi viene da chiedermi cosa sia in ultima istanza il socialismo e come si costruisca. Fidel Castro disse una volta, in un discorso all’Università dell’Avana, che il principale errore dei rivoluzionari cubani era stato quello di credere che qualcuno sapesse come si edifica il socialismo. Nel caso del Venezuela, non ha mai superato il suo capitalismo dipendente. E poiché i grandi capitalisti continuano a stare nel paese e a fare buoni affari, queste leggi che mirano a includere i capitali nazionali e internazionali nei processi economici non sono altro che la fine di un’illusione e il ritorno alla realtà.

Che impatto ha avuto sull’Amazzonia venezuelana la creazione del progetto minerario chiamato Arco Minero del Orinoco? È per preservare le attività estrattive che il paese non ha sottoscritto l’accordo sulla deforestazione firmato alla Cop26?

Questo tema dell’Arco Minero è stato gestito dal governo in maniera opaca: la maggior parte dei venezuelani non ne sa niente. Ricercatori affermati come Esteban Emilio Mosonyi e Francisco Javier Velásquez si sono pronunciati molto severamente sulla questione, opponendosi al modo in cui tale progetto viene portato avanti, ma sono stati ignorati. Il governo si comporta come se la regione fosse sua e di nessun altro, mentre si propagano, fino a che punto non sono in grado di dirlo, l’attività mineraria illegale, la violenza, le aggressioni all’ambiente. In ogni caso, le autorità venezuelane si preoccupano poco delle questioni ambientali, mostrando di ignorare il fatto che questo sia oggi il tema più pressante per l’umanità. Ma, al di là del “bla bla bla”, purtroppo è così in tutto il mondo.

Malgrado tutto, ritiene che continui a essere necessario appoggiare il governo Maduro?

Io appoggio quello che vale la pena sostenere e mi oppongo a quello che è necessario rifiutare. Noi critici siamo stati accusati di favorire la destra. Io credo che ciò che favorisce la destra siano gli errori e la mancanza di coerenza della sinistra. In fin dei conti, come diceva Marx, a volte la rivoluzione ha bisogno della frusta della controrivoluzione per avanzare.