Circondata dalle montagne più alte d’Europa, la Valle d’Aosta era considerata un’isola felice. Lo era. Infatti, in questa piccola e ricca regione autonoma si sono, negli ultimi anni, riversati, o meglio si sono scoperchiati, i problemi che pervadono il resto del Paese: la corruzione e i conseguenti scandali politici, i buchi di bilancio che hanno minato il blasonato Gran Casinò di Saint Vincent, la disoccupazione, che, nel picco della crisi globale, sembrava una variabile sconosciuta, e, anche, l’ombra della ’ndrangheta.

Domenica, si vota per le regionali e il palcoscenico elettorale all’ombra del Monte Bianco è, oltre a essere particolarmente incandescente, salito alla ribalta nazionale. Qui, si fa il governo della nazione o quasi: con i tradizionali partiti autonomisti travolti dagli scandali giudiziari la coalizione più accreditata a guidare la Vallée è quella giallo-verde di M5s e Lega, con il Carroccio in forte ascesa.

Matteo Salvini, al salone dell’Hostellerie du Cheval Blanc, ha tuonato: «In Valle d’Aosta c’è il dovere di cambiare e di fare grandi pulizie. Questo è l’esempio di come qualcuno abbia abusato dell’autonomia per farsi gli affari propri». E il riferimento non troppo indiretto è ad Augusto Rollandin, più volte presidente della Regione, leader dello storico partito centrista autonomista, Union Valdôtaine, il politico più noto e influente del territorio, finito nella bufera giudiziaria.

A una settimana dalle elezioni, la procura di Aosta ha chiuso due inchieste: una sulle forniture di beni ad alcune partecipate regionali, l’altra sui finanziamenti pubblici a favore del Casinò di S.Vincent. Nella prima, Rollandin è accusato di associazione a delinquere finalizzata a commettere delitti contro la pubblica amministrazione. Nella seconda, è indagato per concorso in truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, reato contestato anche all’assessore regionale uscente Mauro Baccega.

Rollandin, chiamato dagli avversari «l’empereur», non ha abbandonato la campagna elettorale: «Sono, come sempre, pronto a rispondere e a giustificare quelli che vengono messi in evidenza come fatti straordinari, ma che credo siano molto facilmente giustificabili».
L’ex presidente si era dimesso nel marzo del 2017, sostituito da Pierluigi Marquis anche lui costretto a lasciare perché indagato dalla magistratura per calunnia. Ha portato a termine la legislatura, Laurent Viérin.

Le urne saranno aperte dalle 7 alle 22, lunedì comincerà lo spoglio. Il sistema elettorale non prevede l’elezione diretta del presidente, ma sarà scelto dai 35 membri del consiglio regionale, eletti con il proporzionale. È previsto un premio di maggioranza: la lista che supera il 42% ottiene un minimo di 21 seggi. Sono dieci le liste che si presentano.

Ieri, sono accorsi ad Aosta i leader nazionali. Silvio Berlusconi ha fatto incetta di selfie e ha consigliato a Salvini «di tornare a casa». Ma la Lega si presenta da sola, così anche il Pd che nella precedente legislatura era alleato alle liste autonomiste. Maurizio Martina ha invitato i valdostani a «non fidarsi di chi propone ricette per fare tabula rasa».

In valle è arrivato anche Luigi Di Maio che ha sottolineato la solidità del rapporto con il segretario leghista: «Se non ci vediamo ci sentiamo, ormai tra di noi c’è un rapporto molto smart». E ha cercato di mettere una toppa alle frasi del capolista pentastellato Luciano Mossa che in un messaggio audio inviato in chat ad altri candidati aveva detto: «Qui interessa più l’autonomia che l’onestà». Di Maio ha affermato: «Per noi l’autonomia delle Regioni autonome e sacrosanta, tanto è vero che nel contratto di governo non c’è alcun tipo di accenno a modifiche all’autonomia regionale».

A sinistra del Pd si presenta la lista Impegno Civico con un programma basato su uguaglianza, lavoro e ambiente e con l’obiettivo di ricostruire la Valle d’Aosta «senza clientelismi».