Chi comanda nei giornali italiani? Nove volte su dieci è un maschio. Osservando le redazioni di tutti i quotidiani nazionali , infatti, vediamo che sono solo 16 le donne in posizioni di vertice. Nei ruoli di direttori, vicedirettori, caporedattori delle 26 testate italiane più importanti compaiono 166 uomini. E solo 17 donne.

UN DIVARIO impossibile da ignorare. La stragrande maggioranza delle notizie in circolazione sono confezionate da uno solo dei generi, quello maschile. Eppure le donne nel settore sono presenti. I dati più recenti dell’Inpgi mostrano che oggi oltre il 40% dei giornalisti italiani sono donne. Da qualche parte però, nell’ascesa verso le funzioni dirigenziali, scompaiono.

IL «SOFFITTO DI CRISTALLO», come è stato definito il fenomeno che ostacola l’avanzamento di carriera per i soggetti discriminati, è ancora ben piazzato sulla testa delle giornaliste italiane. Le croniste nelle posizioni di potere delle testate italiane sono così poche che vale la pena nominarle.

L’UNICA DIRETTRICE di un quotidiano nazionale è qui al manifesto, Norma Rangeri, insieme a due caporedattrici, Micaela Bongi e Giulia Sbarigia.

Le altre 14 sono: Antonella Mariani, caporedattrice di Avvenire; Barbara Stefanelli vicedirettrice vicaria del CorSera; Angela Pederiva e Raffaella Ianuale nel desk del Gazzettino; Antonella Laudisi, ufficio centrale del Mattino; Lucia Pozzi e Angela Padrone, caporedattrici al Messaggero; Laura Pacciani, vicedirettrice alla Nazione; Stefania Aloia, Tiziana Testa, Silvia Bernasconi e Cristiana Salvagni nell’ufficio centrale di Repubblica; Sabina Rodi, vicedirettrice di Italia Oggi, Franca Deponti nel ufficio centrale del Sole 24ore. I nomi e gli incarichi sono rilevati dall’ultimo annuario dell’Agenda del Giornalista (Centro di documentazione giornalistica 2018).

IL MASCHILISMO nei media ha una portata anche europea, come dimostra la ricerca dell’Ejo.

Lo studio colloca l’Italia in fondo alla classifica anche per quanto riguarda l’incidenza di firme femminili negli articoli.

Un risultato imbarazzante tanto che, a tre mesi dalla pubblicazione dello studio, la notizia è passata sostanzialmente inosservata dai media stessi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

GIÀ DUE ANNI FA La Stampa pubblicava un’intervista a Monia Azzalini, ricercatrice dell’Osservatorio di Pavia, che denunciava la preponderanza maschile ai vertici del giornalismo italiano. Ed è ancora attivo il network che si è formato attorno all’«Appello Donne e Media» e che ha ottenuto nel 2011 l’inclusione di vincoli sulla parità di genere nel contratto Rai-Governo.

Al Festival dell’International Journalism di Perugia dello scorso aprile un workshop era dedicato alla costruzione di un approccio genderizzato alle nuove tecnologie dell’informazione.

In questa direzione va anche la costituzione della rete Gi.U.Li.A., Giornaliste Unite Libere Autonome, che attraverso un sito internet informa e sensibilizza sul rapporto tra genere e media. La segnalazione del bias che affligge il settore arriva quindi da più fronti. Ma i dati rimangono ancora molto insoddisfacenti.

COME ANDARE OLTRE il piano della pura testimonianza? Come è noto, una delle prime invenzioni del femminismo è stata il parlare «partendo da sé» (partire, non può che essere un inizio, che inevitabilmente condurrà altrove).

Perciò in redazione siamo partiti da noi.

Avremmo potuto accontentarci di dire che siamo l’unico quotidiano nazionale diretto da una donna. O sottolineare come i vertici della nostra redazione siano composti per la metà da donne, o ancora rifarci alla gloriosa tradizione femminista del giornale.

Ma abbiamo deciso di metterci in discussione.

ABBIAMO INDAGATO le precentuali di firme maschili e femminili nel manifesto applicando alle nostre pagine la stessa metodologia della ricerca Ejo.

Prendendo in esame i numeri in edicola di gennaio e febbraio 2018, abbiamo contato l’incidenza dei generi maschile e femminile (omettendo dal vaglio della ricerca le soggettività queer, trans e non binarie), sulle firme di tre diverse sezioni del giornale: la prima pagina, l’interno, i commenti.

Volutamente abbiamo escluso dallo scrutinio le pagine della cultura come fatto dall’Ejo, in quanto pagine notoriamente più abitate dalle donne.

I NUMERI EMERSI ci hanno messo in crisi, e per questo abbiamo deciso di condividerli con voi.

Sulla prima pagina del manifesto il 67% delle firme è maschile.

Nel corpo centrale del giornale, che comprende le sezioni politica, economia, società e esteri, la situazione peggiora con il 70% degli articoli firmati da uomini.

Tra i commenti, la pagina community dove si pubblicano gli articoli di opinione, i numeri dicono che l’80% degli articoli sono scritti da autori maschi.

Il nostro giornale non rappresenta – almeno per questo aspetto – una felice eccezione, dunque.

LA PRESENZA DELLE DONNE, come mera nozione numerica, non è mai sufficiente a ribaltare la cultura maschilista che ancora pervade la società.

Ciononostante questi dati parlano di un’emergenza. Tanto più grande perché interna al settore che dovrebbe denunciarla.

errata corrige

Nell’edizione del manifesto in edicola il 18 settembre è scomparso il nome della vicedirettrice vicaria del Corriere della Sera Barbara Stefanelli, ci scusiamo con gli interessati e con i lettori.