Un anno universitario da dimenticare. Ma che purtroppo lascerà pesanti tracce, sia individuali che collettive. In Francia, le scuole sono rimaste aperte in ogni ordine e grado, salvo qualche settimana la primavera scorsa e con qualche arrangiamento di insegnamento in alternanza per i licei. Sono invece le università a sentirsi i paria della crisi sanitaria. I corsi sono praticamente sospesi da ottobre, qui e là ci sono dei Td (travaux dirigés, gruppi di lavoro con il tutor) che funzionano ormai dimezzati, ci sono stati dei “parziali” (esami di metà anno) in presenza. Ma la maggior parte degli studenti è obbligata a seguire i corsi su Zoom o altri sistemi, in completo isolamento.

Molti iscritti al primo anno hanno visto i compagni solo via Internet. Un senso di disperazione sembra invadere il mondo universitario. Una decina di giorni fa, degli studenti hanno scritto una lettera aperta a Macron, per attirare l’attenzione: «Siamo gli ultimi deconfinati». Migliaia di testimonianze di vita solitaria e di difficoltà economiche sono raccolte su #étudiantsfantômes o #générationcovid.

POI MERCOLEDÌ la protesta è uscita dagli schermi con manifestazioni in tutte le città universitarie. Il movimento è particolarmente forte a Lione, dove uno studente si è suicidato e un’altra ha tentato di farlo, salvata in extremis.

Il governo naviga a vista sulle università e sembra stranamente indifferente. La settimana scorsa, il primo ministro, Jean Castex, e la ministra della Ricerca, Frédérique Vidal, hanno detto che le università si sarebbero aperte per dei mezzi gruppi nei Td, ma solo per il primo anno di Licenza. Castex ha usato toni compassionevoli, affermando che c’è una preoccupazione governativa per il «profondo senso di isolamento ma anche vere difficoltà pedagogiche».

Emmanuel Macron, che in autunno aveva dichiarato che «è duro avere 20 anni nel 2020», giovedì in un incontro con degli studenti a Paris-Saclay, ha spiazzato il governo affermando di punto in bianco che gli studenti, tutti da L1 al biennio di laurea magistrale, devono avere il diritto di essere presenti nelle facoltà almeno un giorno alla settimana, «come i lavoratori», che abbinano al telelavoro dei giorni in ufficio.

Il parallelo ha gettato nello sconcerto il sindacato degli insegnanti Fsu: «Gli studenti non sono dei salariati, l’università non è un’impresa, l’insegnamento superiore non è à la carte».

Anche la proposta di Macron di permettere a tutti, non solo ai borsisti (più numerosi che in Italia) di aver diritto a due pasti al giorno a 1 euro, e la promessa di un «assegno salute» per curarsi meglio (comprese le consultazioni psicologiche) hanno lasciato di sale il mondo universitario. Difatti, molti ristoranti universitari sono chiusi, molti studenti abitano lontano dalle sedi e c’è il coprifuoco alle 18 in tutto il paese, molti sono tornati a casa dei genitori per non restare chiusi nelle residenze universitarie o in camere di affitto di pochi metri. A dicembre il governo aveva già stanziato 3,3 milioni di euro per il Crous (Opera universitaria) per venire incontro agli studenti.

Ma la principale richiesta – estendere ai diciottenni l’Rsa, il reddito di solidarietà attiva, che in Francia è riservato ai senza reddito di più di 25 anni – non è stata accettata, perché per il governo sarebbe cedere a un assistenzialismo anticipato. Al posto, viene proposto un “percorso” di formazione a tutti, con il programma «un giovane una soluzione», di cui però non si possono ancora vedere gli effetti mentre le difficoltà economiche crescono, anche in mancanza dei mini-job.

Il movimento degli studenti chiede la riapertura delle università, con un protocollo sanitario drastico, il governo accenna vagamente a una politica di «test aleatori di massa» da febbraio. Ma Macron ha ammesso: i prossimi mesi saranno duri. In pratica, la vita universitaria non tornerà alla normalità fino al prossimo autunno.

LE POLEMICHE sono esplose su due punti. Il primo è legato alla specificità francese: le “classi preparatorie” ai concorsi per le grandi scuole, considerate l’istruzione superiore delle élite, sono aperte (perché hanno luogo nei licei, che funzionano), mentre le università, più popolari, vengono penalizzate (il disprezzo dei dirigenti verso il popolo). Il secondo è più generale: per «salvare i vecchi» (elettori di Macron) il governo è accusato di aver «sacrificato e punito i giovani». Che per aver fatto troppo la teuf (festa) quest’estate sono accusati di aver favorito la ripresa dell’epidemia in autunno.