Bandiere del Messico e molti cori hanno scandito il tempo della manifestazione anti-migranti di Tijuana di domenica scorsa. Cartelli di solidarietà con la carovana e segni d’umanità invece erano ben visibili dall’altra parte della città. Tijuana è spaccata in due. La polizia in mezzo con scudi e caschi ha evitato che la marcia anti-migranti attaccasse nuovamente la carovana migrante, già oggetto di sassaiole; ma prima ha messo nuovi pannelli divisori vicino alla palizzata di metallo che segna il confine tra Messico e Stati uniti.

CRONACA di una difficilissima giornata a Tijuana, dove l’arrivo di oltre 2500 membri della prima carovana ha diviso gli abitanti. Una parte, anziché provare a capire le ragioni d’oppressione che hanno generato l’autoproclamato esodo, ha preferito innescare la più classica delle guerre tra poveri.
Intanto la parte di carovana bloccata a Mexicali ha deciso di partire anche senza autobus, e proseguire. Vogliono raggiungere gli altri, come del resto era stato deciso nell’assemblea alla città sportiva di Città del Messico.

NEL GIRO DI POCHE ORE e nei prossimi giorni potrebbero arrivare al confine altre diverse migliaia di persone, anche quelle ferme nello stato di Sonora e quelle che sono partite dalla capitale dopo la pausa di riposo. Quanto basta all’amministrazione Trump per chiudere per ore il valico di San Ysidro, così da installare una nuova barriera di sicurezza anche dal lato stelle-e-strisce.

Gli Stati uniti hanno chiuso anche uno dei due attraversamenti pedonali del varco. Nella più classica delle strategie divisive, lavori e chiusura del valico dove ogni giorno passano circa 110 mila persone e circa 40 mila veicoli, complicherà la vita dei frontalieri. E la colpa verrà data ai migranti.

LA PAURA di un tentativo di sfondamento di massa agita le notti di Trump, la sua retorica anti immigrati si scioglierebbe come neve al sole se ciò accadesse e gli ultimi anni di mandato sarebbero debolissimi. The Donald alla situazione tijuanese ha dedicato anche un tweet in cui ribadisce l’allarme sulla pericolosità dei “caravanisti”, esprime solidarietà al sindaco della città Juan Manuel Gastelum, detto «il Trump di Tijuana» e chiude con un go home, «andate a casa». Lo sfondamento però, vista la logistica di Tijuana – anche alla luce degli ultimi interventi – non sembra essere contemplato, ma l’anomalia di oltre 7 mila persone che premono simultaneamente al confine potrebbe creare scenari inediti. E soprattutto ingovernabili. In molti e in molte delle tre carovane ricordano di avere parenti e amici già negli Stati uniti: che succederà se Trump e l’esercito decidessero di sparare, come è stato minacciato?

IL CLIMA COMUNQUE È CAMBIATO in tutto il paese. A Città del Messico il comune ha chiuso la Città Sportiva che, dopo aver dato ricovero alle prime due ondate migratorie, stava ospitando la terza carovana. In tanti sono in viaggio verso nord e hanno già superato Querétaro. Gli oltre 600 migranti restati in città sono stati spostati con autobus alla Casa del Pellegrino, e saranno in carico alla diocesi fino a venerdì. Prima e dopo lo spostamento messi governativi invitano a chiedere asilo in Messico e a non proseguire il viaggio verso gli Usa.

A Hermosillo, stato di Sonora, la Commissione di gestione e dialogo dell’esodo centro americano ha denunciato il fermo di due autobus pieni di uomini, donne e bambini da parte della polizia migratoria. Sono ancora in stato di fermo. Davanti alla determinazione dei migranti le pressioni Usa si fanno sentire sempre più.