Un altro sonoro ceffone istituzionale per il cancelliere Olaf Scholz, questa volta punito dai giudici per la sua ostinazione ad annacquare la lotta per la protezione ambientale nonostante l’abbia assunta come priorità massima a inizio legislatura.
«Il governo federale deve modificare subito l’attuale legge sul clima» sentenzia il tribunale di Berlino-Brandeburgo dopo aver accolto in toto la denuncia degli attivisti dell’Ong «Deutsche Umwelthilfe» (Duh). Motivo: la norma scritta da Spd, Verdi e liberali è «insufficiente» a centrare gli obiettivi prefissati oltre che troppo generica e pericolosamente esposta al vento delle lobby industriali.

In particolare alla base del ricorso vinto dagli attivisti del Duh ci sono i target climatici da raggiungere entro il 2030 che un altro tribunale distrettuale ha recentemente stabilito come «giuridicamente vincolanti» e perciò incompatibili con il “trucco” nelle pieghe della legge del governo per cui la responsabilità di ridurre le emissioni spetta formalmente ai singoli ministeri.
Ieri in tutta fretta gli esperti della coalizione Semaforo hanno modificato il passo smontato dai giudici, riportando gli obiettivi ambientali nel recinto degli obblighi legali a cui è sottoposto l’intero esecutivo. Ma alla Duh il semplice e veloce lifting della misura non basta: «Il presidente della Repubblica, Frank Walter Steinmeier, si rifiuti di firmare la legge così ritoccata» è l’appello nelle diciotto pagine della lettera inviata direttamente al capo dello Stato.
Bella grana per Olaf Scholz, per l’ennesima volta corretto dai magistrati per via della maldestra gestione istituzionale (era già successo con il bilancio federale e sempre per un analogo “magheggio” da azzeccagarbugli); ma non ne esce bene neppure il numero due del governo, il vice-cancelliere Robert Habeck, co-leader dei Verdi, che continua a vendere come immutata la transizione energetica in realtà già ridotta a giardinaggio industriale. Senza contare il ministro delle Finanze, Christian Lindner, segretario dei liberali e incarnazione del settore dell’Automotive tra i banchi del governo: perde la causa proprio con Duh, l’Ong che più di ogni altra si batte per introdurre il limite di velocità nelle Autobahn mentre gli fa i conti in tasca sui sussidi alle fonti fossili.

«La legge sul Clima, sventrata in questo modo, è incompatibile con la storica decisione della Corte costituzionale di Karlsruhe del 2021» rincara Jürgen Resch, presidente di Duh. Esattamente per questo chiede al presidente Steinmeier di non permettere al governo Scholz l’ennesima mordacchia sulla norma che invece secondo i giudici deve parlare chiaro.
«La modifica escogitata dall’esecutivo serve solo per evitare che il “Ministro della Porsche” (Volker Wissing, ministro dei Trasporti di Fdp, ndr) debba adottare misure concrete per la protezione ambientale, come ad esempio il limite di velocità o la fine del finanziamento delle auto aziendali, vere e proprie killer del clima» tiene a precisare Resch.

Anche l’Alleanza tedesca per il Clima lancia l’allarme per il rischio di vedere approvata una legge irrimediabilmente indebolita: «Ritardare ancora i programmi di contrasto immediato al cambiamento climatico avrà un prezzo molto alto e a pagarlo saranno i nostri figli. Nel frattempo aumenteranno a dismisura i costi di conversione» ricorda la portavoce Stefanie Langkamp.
Gli obiettivi climatici di Berlino rimangono comunque invariati anche con la versione “light” della legge. Entro il 2030 le emissioni inquinanti dovranno essere ridotte del 65% rispetto al 1990 e dell’88% entro il 2040. Dal 2045 in poi la Germania dovrà essere climaticamente neutra.