In occasione del centenario dell’arrivo del tango in Italia, vogliamo ricordare alcuni tra i momenti più interessanti della produzione discografica nazionale dedicata alla popolare musica rioplatense. Da pionieri come Pedro Maffia, Francisco Lomuto, Roberto Firpo, Edgardo Donato a classici come Julio De Caro, Francisco Canaro, Aníbal Troilo e Osvaldo Pugliese fino alle intemperanze avanguardiste di Astor Piazzolla, il tango ha difficilmente occultato le sue origini anagrafiche. Basti pensare che dei circa quattro milioni di immigrati sbarcati in Argentina tra il 1869 e il 1914 ben due milioni erano italiani. Chi ne dubitasse ancora potrebbe recarsi oggi, a distanza di un secolo, a quelle latitudini per ritrovare un mondo in cui la abuela si chiama «nonna» e il trabajo «laburo». Un moderno viaggio nel tempo in cui al ristorante puoi ordinare ñoquis e fugazza, oltre all’immancabile milanesa napolitana, questo originale piatto «tradizionale» costituito da una specie di pizza cucinata sopra una cotoletta, con pomodoro, origano e mozzarella fumante. Un paese dove i tifosi di una delle squadre più amate, il Club Atlético Boca Juniors, l’antica compagine di Maradona, continuano a chiamarsi xeneises, «genovesi», dal nome dei vecchi abitanti del quartiere ubicato alle foci del Riachuelo, l’antico porto di Buenos Aires.

Controesodo

Il tango sbarcò per la prima volta in Italia nel novembre del 1913, a causa delle polemiche scaturite dall’imminente debutto in Francia di Le tango, una commedia firmata dal drammaturgo francese Jean Richepin e dedicata a un ballo considerato ancora troppo volgare e indecente per poter entrare liberamente in un teatro. Appena pochi anni dopo il popolare ritmo rioplatense sarebbe diventato un boom. A partire dagli anni Venti il tango incominciò a viaggiare in un controesodo al seguito di artisti spinti a varcare nuovamente l’oceano per far conoscere la propria musica in quella stessa Europa abbandonata pochi anni prima, in fuga da fame e miseria. Fu così che città come Parigi, Varsavia, Praga, Bucarest, Vienna, Budapest fino ad arrivare alle porte d’Oriente, si lasciarono sedurre da una musica ormai divenuta «nomade», patrimonio del mondo da molto tempo prima che l’Unesco la dichiarasse tale.

Grazie a un inedito gusto per l’esotico, in molti casi prevedibile e non esente da eccentrici luoghi comuni, la «tangomania» conquistò gli italiani. Sotto il fascismo comparvero così famose canzoni a ritmo di tango come Tango delle capinere (1928), Chitarra romana, Violino tzigano, Portami tante rose e Tangolita (1934), Ritornano le rose (1935), Tango del mare (1939) fino al celebre Tango della gelosia, composto da Vittorio Mascheroni e Giuseppe Mendes nel 1930 e convertito negli anni Sessanta in un successo internazionale grazie alla cantante italoamericana Connie Francis.

Il boom televisivo

Ad ogni modo in Italia si dovette attendere il secondo dopoguerra affinché questa infatuazione potesse raccogliere i suoi frutti. A parte le popolari balere romagnole in cui la dinastia dei Casadei faceva risuonare il liscio – considerato come una sorta di «tango all’italiana» – fu con Milva che per la prima volta il tango riuscì a raggiungere il vasto pubblico. Con le sue interpretazioni di Crudele tango (1960), Tango della gelosia (1961), Tango italiano (1962), Tango delle capinere (1963), per poi approdare a un disco interamente dedicato al genere (Tango, 1968), la popolare cantante di Goro si trasformava in interprete privilegiata di una musica di cui in realtà in Italia si sapeva ancora troppo poco. Un ritmo e una danza che per decenni, e in gran parte purtroppo ancor oggi, a causa di evidenti ragioni di marketing, non hanno mai smesso di identificarsi con stereotipi quali scarpe con tacco, vistosi collant, gonne con provocanti spacchi, interminabili sigarette, cappelli e rose rosse, brillantina, lustrini e rossetti fatali. Ad ogni modo nel 1968 con le sia pur improbabili traduzioni italiane de La cumparsita, A media luz, Rodríguez Peña, il tango entrava per la prima volta nel mercato discografico mainstream.

Sul finire degli anni Sessanta la febbre tanguera, sia pur ancora debitrice di questo fin troppo prevedibile glamour di circostanza, faceva la sua irruzione nel mondo dello spettacolo, attraverso alcuni popolari programmi televisivi della Rai. Trasmissioni come Sabato sera, Canzonissima, Teatro 10 e Milleluci, in cui la grande Mina si esibiva tra ballerini vestiti da gaucho e coreografie ispirate ai film di Rodolfo Valentino, nell’interpretazione di tanghi tradizionali come Uno (1967) e La cumparsita (1968) fino ad arrivare a un virtuosistico medley di Caminito, Esta noche me emborracho e Adiós muchachos registrati per il programma radiofonico Gran varietà del 1978.

Piazzolla in Italia

Poi arrivò l’aprile del 1972, e niente fu più come prima. Grazie ad Aldo Pagani, ex musicista di Renato Carosone e Domenico Modugno, ma soprattutto coraggioso produttore discografico, l’Italia scopriva le infinite potenzialità di una musica non certo duttile come jazz e bossanova, ma non per questo condannata ad ancorarsi per sempre al suo ingombrante passato. Per la prima volta il tango abbandonava i piedi dei ballerini per fare il suo ingresso nei teatri. E lo faceva nel migliore dei modi, attraverso il genio creativo di Astor Piazzolla. Per l’occasione il celebre bandoneonista di Mar de Plata, originario di Trani, accompagnato dal suo Noneto, si riunì con Mina per la registrazione di Balada para mi muerte per Teatro 10, la popolare trasmissione televisiva condotta da Alberto Lupo sulla Rai. La versione italiana del brano, tradotto da Giorgio Calabrese con il titolo di Suoneranno le sei, verrà incisa pochi mesi dopo dall’originale coppia e inserita nel disco di Mina Cinquemilaquarantatre. L’anno successivo la cantante Angela Denia Tarenzi, moglie di Pagani, firmava insieme a Duilio Del Prete la traduzione di alcune composizioni di Piazzolla, con parole di Horacio Ferrer, per la voce di Edmonda Aldini, compagna dello stesso Del Prete (Rabbia e Tango, 1973). Il successo riscosso in Italia, oltre che la necessità di riposo imposta da un infarto, spinsero Piazzolla e la cantante di tango Amelita Baltar, all’epoca sua compagna, a trascorrere a Roma i cinque anni successivi. Nel «Bel paese» Piazzolla, accompagnato tra gli altri dal batterista napoletano Tullio De Piscopo, firmerà brani di grande successo internazionale come Libertango (1974) – di cui Grace Jones registrerà nel 1981 la versione inglese I’ve Seen that Face Before – Reunión/Cumbre in collaborazione con il sassofonista statunitense Gerry Mulligan, fino al perfettamente dimenticabile Piazzolla 78, dedicado al Mondiale di calcio del 1978 organizzato dall’allora governo militare argentino.

Astor vs Milva

Trascorso poco più di un decennio dall’incontro di Piazzolla con la canzone italiana, dopo la breve incursione nel tango di Iva Zanicchi con la registrazione del disco Nostalgias (1981), sarà ancora una volta Milva a dare nuova linfa a un genere che continuava a rinascere dalle proprie ceneri. Dal suo sodalizio con Giorgio Strehler avevano già preso vita una serie di spettacoli dedicati a Bertolt Brecht, con musiche di Kurt Weill, in cui la grande interprete emiliana aveva riscoperto un patrimonio musicale fondamentale per la storia del teatro canzone del Novecento. Una rivoluzione estetica e musicale che si nutrì di molteplici contributi, tra i quali il tango, come testimoniato dalle sue originali interpretazioni di Ballata della moglie del soldato e Tango Ballade (dall’Opera da tre soldi, del 1928), entrambi inseriti nei famosi spettacoli diretti da Strehler tra il 1971 e il 1975. Canzone francese, cabaret tedesco della Repubblica di Weimar e tango. Dalla grande ammirazione di Milva per Brecht e Weill, a partire dai primi anni Ottanta nascerà quella per Astor Piazzolla e Horacio Ferrer. Un amore che la spinse a invitare il bandoneonista argentino a registrare il rivoluzionario Balada para un loco e Fumo e odore di caffè, di Michele Guardì e Gianni Ferrio, come sigla di chiusura di una puntata della trasmissione Palcoscenico condotta insieme a Oreste Lionello nel 1981. Tre anni dopo il regista inglese Peter Brook li riunì nuovamente, in questo caso sul palcoscenico del Théâtre des Bouffes du Nord di Parigi. Il concerto fu registrato la sera del debutto e il disco pubblicato nello splendido Live at the Bouffes du Nord (1985). Qualche anno dopo Milva e Piazzolla tornarono a collaborare per una fortunata tournée che li portò a esibirsi dal Colosseo nel 1986 fino alla Nakano Sunplaza Hall di Tokyo (Milva & Astor Piazzolla Live in Tokyo 1988, 2009).

Successivamente «la tigre di Cremona», «la pantera di Goro» e «l’aquila di Ligonchio» torneranno a frequentare il tango con le incisioni rispettivamente di Nostalgias (1993), Oblivion (2009) e del disco Fossi un tango (2003) in cui si avvale della collaborazione del compositore argentino Luis Enríquez Bacalov, già premio Oscar nel 1995 per le musiche de Il postino.

Tutti al cinema

A parte la musica leggera, fu il cinema uno dei grandi promotori del successo italiano del tango. Con film come Cadaveri eccellenti (1976) e Enrico IV (1984) Francesco Rosi e Marco Bellocchio regalarono a Piazzolla per mezzo della settima arte la consacrazione di brani come El penultimo, Jeanne y Paul (originalmente scritto per Ultimo tango a Parigi) fino ad arrivare allo struggente Oblivion, una tra le composizioni universalmente più apprezzate del genio argentino. All’invito di Bernardo Bertolucci di comporre gli arrangiamenti musicali per la colonna sonora di Ultimo tango a Parigi (1972), su musiche di Leandro «Gato» Barbieri, Piazzolla rispose che avrebbe partecipato al film soltanto nel caso in cui fosse stato incaricato della composizione integrale delle musiche.

Arrivano i cantautori

Dalla collaborazione di Francesco Guccini con il chitarrista argentino Juan Carlos «Flaco» Biondini e il bandoneonista Juan José Mosalini nasce Scirocco (1987). Sempre del cantautore modenese vanno ricordati inoltre una serie di arrangiamenti a ritmo di tango tra cui Il bello (1973) e Di mamme ce n’è una sola (1973), ll pensionato (1984) e Tango per due (1990). Se Lucio Dalla con Tango (1979), Fabio Concato con Sexy tango (1984) e Adriano Celentano con Lunfardia (2004), su un testo originale di Fabrizio De André, si limiteranno a qualche generica sfumatura, più tematica che musicale, sul finire degli anni Ottanta sarà Angelo Branduardi a tornare alla musica rioplatense, tra habanera e milonga, con canzoni come Tango, cantata insieme a Pietra Montecorvino (Pane e rose, 1988) e Madame, in compagnia del fisarmonicista francese Richard Galliano (Il ladro, 1990).

Sempre negli anni Ottanta Antonella Ruggiero con i Matia Bazar pubblicavano Tango con la famosa Vacanze romane, vincitrice del premio della Critica al Festival di Sanremo. Un’infatuazione che accompagnerà la Ruggiero durante gran parte della sua carriera, come dimostrato dall’ultimo Contemporanea Tango, un album registrato dal vivo nel 2010 e che riunisce alcuni classici del genere in una serie di personali rivisitazioni in compagnia del Hyperion Ensemble.

Dallo storico disco Paris Milonga di Paolo Conte (1981) con successi come Alle prese con una verde milonga e canzoni come Tango e Blue Tango alla grande fascinazione esercitata dal cantante Roberto Goyeneche su Vinicio Capossela, da cui nascono una serie di composizioni originali con sapore tanguero tra cui Scivola vai via e Con una rosa, il tango continua a flirtare con la canzone italiana in forma estremamente elegante. In questo senso meritano una menzione speciale i recenti lavori di Gianmaria Testa Preferisco così e Come l’America e quelli del giovane cantautore napoletano Joe Barbieri tra cui spiccano In una stanca indifferenza e Le milonghe del sabato, cantata insieme allo stesso Testa nel disco Respiro (2012).

L’incontro col jazz

Dall’incontro del ’94 tra il sassofonista argentino Javier Girotto e Alessandro Gwis al pianoforte, Marco Siniscalco al basso, Michele Rabbia alla batteria nascono gli Aires Tango, pionieri in Italia nella fusione tra jazz e tango. Da ricordare la loro interessante collaborazione con Peppe Servillo per il disco Poemas (2003), in cui il cantante casertano firma e canta L’amico di Córdoba, canzone che diventerà il titolo dell’omonimo disco, nato dalla sua collaborazione con lo stesso Girotto e il pianista Natalio Mangalavite (2004) e Fútbol (2009), ispirato ai racconti sul calcio del giornalista e scrittore argentino Osvaldo Soriano, entrambi prodotti da «i cd del manifesto».

Da segnalare inoltre i napoletani Solis String Quartet, il bandoneonista marchigiano Daniele Di Bonaventura con i dischi Recordando Gardel (in collaborazione Girotto e Servillo) e Recordando Piazzolla, fino ad alcune recenti proposte di Enrico Rava, Paolo Fresu e Stefano Bollani. Ultimamente di grande interesse il quartetto Kantango, con le sue originali fusioni tra tango, jazz, canzone napoletana, folk e musica elettronica pubblicate nei due album Másidiomás (2006) e Ida y vuelta (2009) prodotti da Joe Barbieri, così come il progetto di ricerca musicale internazionale firmato dalla Microcosmo Dischi, dello stesso Barbieri, con le raccolte Sulle rive del tango (2008), L’incontro (2009) e Sin gravedad… senza gravità (2011).