Prevista per ieri mattina, è stata rimandata al prossimo 11 luglio l’udienza preliminare nella quale il Gup di Roma dovrà decidere se mandare o meno a processo  Carlos Luis Malatto,  75 anni, ex tenente-colonnello dell’esercito argentino accusato dell’omicidio di almeno otto persone nel 1976, nell’ambito della spietata repressione di ogni forma di dissenso praticata dal regime di Videla. Ricercato in Argentina, Malatto si era rifugiato in Italia nel 2011 sfruttando la doppia nazionalità. Rintracciato in un residence di Porto Rosa, in provincia di Messina. è stato denunciato alla Procura di Roma nel 2015.  Tra le parti offese  figura anche l’ambasciata di Buenos Aires in Italia, mentre in caso di rinvio a giudizio hanno annunciato di volersi costituire come parte  civile la Presidenza del Consiglio italiana, il Pd, i sindacati Cgil, Cisl e Uil, la Rete federale per i diritti umani, l’Assemblea permanente per i diritti umani e l’associazione 24 Marzo Onlus, che si occupa di portare avanti i processi legati ai desaparecidos in Italia.

Malatto ieri era presente in aula con il suo avvocato e al termine si è allontanato senza rilasciare dichiarazioni. Presenti anche alcuni familiari delle vittime, come il nipote di Juan Carlos Campora che all’epoca era rettore dell’università di San Juan. «Mio nonno venne sequestrato nel 1977, aveva 56 anni», ha raccontato. Per Emiliano Rostagno, nipote di altri due desaparecidos, Armando Alfredo Lerouc e di Marta Elida De Lourdes Saroff, «in questo procedimento non si parla di un crimine normale ma di crimine contro l’umanità».

La Procura di Roma indaga sulle vicende dei desaparecidos dagli anni ’90. Sul caso Malatto in particolare i magistrati italiani hanno ricevuto centinaia di documenti da analizzare e un’integrazione di denuncia di 10mila pagine nella quale cui si chiedono indagini su altri trenta casi (7 omicidi accertati e 23 sparizioni forzate) avvenuti nel centro di detenzione e tortura di San Juan, dove le operazioni erano coordinate da Malatto.