Ci siamo quasi. Non dobbiamo dare nulla per scontato e lasciare niente di intentato: il risultato del referendum si deciderà nelle prossime ore. E non dobbiamo conservare niente delle politiche degli ultimi 20 anni che hanno devastato welfare, salario, reddito, lavoro, ambiente e democrazia.

Noi siamo per il cambiamento. Quello vero, partecipato, radicale, un cambiamento fondato sulla tenuta della nostra carta costituzionale. La tentazione, che attraversa tutto l’Occidente, è quella, di fronte alla crisi di sistema, di rafforzare gli esecutivi a scapito delle assemblee elettive, di sostituire la governabilità alla rappresentanza. È il divorzio che si va consumando tra democrazia e capitalismo finanziario, tra Pil e benessere delle persone, tra merito e bisogni, tra centralizzazione e protagonismo delle autonomie locali. Questa drammatica divaricazione genera mostri, dagli Stati Uniti all’Ungheria, dalla Turchia alla Polonia, fino a toccare il cuore del progetto europeo, incastrato tra Parigi e Berlino, impegnate nelle prossime difficilissime elezioni politiche nazionali. E non basta l’economicismo per battere il sonno della ragione, serve un urto, un conflitto continentale per generare una controtendenza democratica. Serve la passione e la volontà di battersi. La democrazia sostanziale non la dà né la toglie una singola moneta. Il Jobs Act, lo Sblocca Italia, la Buona Scuola non sono riforme, ma la restaurazione che si organizza contro la dignità e la fragilità delle persone. Una restaurazione frutto, purtroppo, anche degli errori fatti dalla sinistra italiana ed europea, che in questi anni ha perso il vincolo con il proprio popolo, adeguandosi al quadro delle compatibilità, e che oggi ha una estrema necessità di rinnovarsi e ricostituirsi.

Per questo intendiamo il nostro No come un No ricostruttore, un No capace di ripristinare il nesso tra democrazia sostanziale e redistribuzione delle ricchezze. La vittoria del No, la sconfitta sul campo del Partito di Renzi, può determinare un altro racconto, un’altra volontà popolare, movimentando il quadro politico ingessato del nostro Paese. E può riaprire la partita nel campo democratico e progressista, in modo tale da poter ricostruire una proposta politica che si riconnetta alla fragilità e alla disperazione che diciamo di voler rappresentare, al contrario di ciò che è avvenuto in questi anni.

A differenza di chi sceglie la testimonianza e la irrilevanza, vogliamo continuare ad investire sulla politica, sul cambiamento necessario e su quello possibile. Continuiamo a credere alla costruzione di una ipotesi democratica e progressiva che possa battere le due destre, quella populista furiosa e quella delle compatibilità con il capitalismo della finanza globale. Per affermare questa ipotesi bisogna senza se e senza ma battere Renzi nel passaggio referendario. Solo battendo l’ipotesi renziana e rimettendo in discussione le politiche di questi anni, si può riaprire la discussione.

Una discussione che avrà bisogno di tutto il nostro coraggio, a partire dalla valorizzazione di quanto seminato sin qui. Sia nella radicale rettifica di linea politica, profilo, pratiche della nascente Sinistra italiana, sia nella rivalutazione del percorso politico corsaro di Sinistra Ecologia Libertà, un soggetto politico irriverente seppellito con eccessiva fretta.

Sia in mare aperto, sapendo scorgere, accogliere e soccorrere nuovi compagni di viaggio.

Sel è stata una gran bella storia, figlia di un ciclo politico che si è chiuso con vittorie, sconfitte ed anche errori. Abbiamo bisogno di portarci dietro tutto il meglio che è stata capace di realizzare. Non solo la volontà di misurarsi con il governo dell’alternativa ogni volta che le condizioni lo permettessero. Non solo la capacità di percepirsi in movimento e di praticare egemonia, senza farsi mai trovare dove gli avversari la stavano aspettando (avversari di destra e di sinistra, entrambi accecati dalla dimensione ideologica funzionale al sistema, quella del liberismo temperato o quella della impossibilità della modifica del quadro politico). Soprattutto una straordinaria esperienza di autonomia, di auto-organizzazione e di cultura politica aperta, curiosa, libertaria, dinamica, ecologista, femminista, europeista, alter mondialista, incardinata sui diritti irrinunciabili della persona.

È nostra responsabilità collettiva portare nel nuovo cantiere della sinistra questa ambizione. Non la resa. Né la cattiva narrativa sulla pervasività immutabile del capitalismo. Piuttosto la ricerca di spazi di cambiamento capaci di parlare alle condizioni di vita di un popolo stremato dalla crisi e incapace di intravedere una speranza. Abbiamo l’obbligo di lavorare sul principio speranza, tenendo il rancore fuori dalle nostre casematte. Il rancore è come prendere un veleno e aspettare che l’altro muoia. Il rancore avvelena i pozzi. Anche quelli in cui ci abbeveriamo. Oltre ad essere un marchio di fabbrica a cinque stelle. L’odio non può essere la nostra strada.

Dobbiamo lavorare sulla democrazia partecipata, sulla pluralità, tirando per aria steccati e perimetri. Dobbiamo aprire porte, finestre, dobbiamo facilitare la partecipazione, accumulare forze, idee, insediamenti territoriali. Dobbiamo ripubblicizzare la nostra discussione, farne un bene a disposizione di tutti.

Ai partitini composti da avanguardie e quadri omogenei, ai cultori della rete che sottrae potere ai territori e alle persone in carne ed ossa, dobbiamo contrapporre una idea aperta della politica, della sinistra e del campo progressista. Perché così possiamo mettere in campo un’idea alternativa di Paese e di Europa, che torni a far percepire concretamente che la sinistra è altro rispetto alla sottrazione di diritti, lavoro e dignità.

Per queste ragioni proponiamo a chi sceglie la politica come strumento della trasformazione e non come luogo dell’identità di vederci subito dopo il referendum costituzionale per discutere insieme, per decidere collettivamente quale strada e quale cammino intraprendere. Proponiamo di vederci la mattina di domenica 18 dicembre a Roma, in un incontro nazionale capace di accogliere e valorizzare tutti i punti di vista. Nessuno escluso.

Perché la politica e la sinistra sono una straordinaria occasione per praticare il cambiamento, anche nelle modalità con cui si inverano e maturano le decisioni. Fare insieme il primo passo per fare insieme la cosa giusta.

“Sulle dispense stava scritto un dettaglio che alla prima lettura mi era sfuggito, e cioè che il così tenero e delicato zinco, cosi arrendevole davanti agli acidi, che se ne fanno un sol boccone, si comporta invece in modo assai diverso quando è molto puro: allora resiste ostinatamente all’attacco. Se ne potevano trarre due conseguenze filosofiche tra loro contrastanti: l’elogio della purezza, che protegge dal male come un usbergo; l’elogio della impurezza cha dà adito ai mutamenti, cioè alla vita. Scartai la prima, disgustosamente moralistica, e mi attardai a considerare la seconda, che mi era più congeniale. Perché la ruota giri, perché la vita viva, ci vogliono le impurezze, e le impurezze delle impurezze: anche nel terreno, come è noto, se ha da essere fertile. Ci vuole il dissenso, il diverso, il grano di sale e di senape”.

Primo Levi, Il sistema periodico

*** Maria Elena Baredi, Franco Bordo, Angelo Chiaramonte, Tommaso Di Febo, Donatella Duranti, Marco Duriavig, Claudio Fava, Francesco Ferrara, Marco Furfaro, Florian Kronbichler, Guido Margheri, Gianni Melilla, Paola Natalicchio, Marisa Nicchi, Simone Oggionni, Michele Piras, Anita Pirovano, Maria Pia Pizzolante, Stefano Quaranta, Lara Ricciatti, Arcangelo Sannicandro, Tonino Scala, Massimiliano Smeriglio, Giancarlo Torricelli, Filiberto Zaratti, Gianco Zueneli

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