Possibile che sia già finita? Se lo chiedono tutti in Ucraina. La lunga giornata trascorsa alla ricerca avida di informazioni sui progressi dei mercenari della Wagner era infatti stata scandita da enormi aspettative. «Chi disprezza gli esseri umani e ne getta in guerra centinaia di migliaia, per poi barricarsi nella regione di Mosca da coloro che lui stesso ha armato» ha scritto il presidente Zelensky nelle prime ore di ieri, «distrugge se stesso».

«LA DEBOLEZZA della Russia è evidente. Una debolezza a tutto campo. E più a lungo la Russia manterrà le sue truppe e i suoi mercenari sul nostro territorio, più caos, dolore e problemi avrà per sé in seguito. È anche logico» ha aggiunto il presidente senza sbilanciarsi. La linea della prudenza alla fine ha pagato. Anche perché tra i canali di informazione Telegram russi già iniziavano a circolare messaggi carichi d’odio a proposito della «spudoratezza» del presidente ucraino che «dichiara di sostenere la canaglia a capo della Wagner Prigozhin, gli stessi che hanno ucciso migliaia di suoi soldati». Ma il messaggio di Zelensky era un altro: «L’Ucraina è in grado di proteggere l’Europa dalla diffusione del male e del caos russo» e, quindi, dateci più armi. Del resto, nel caos della giornata si è riuscito a parlare anche di forniture belliche e la Germania ha annunciato l’invio di carri armati Gepard alle forze armate ucraine.

MA GLI ARMAMENTI e progressi sul terreno sono passati in secondo piano. Persino la riconquista di posizioni in Donbass occupate dai filo-russi fin dal 2014, «nei pressi della città di Donetsk» come ha spiegato Valery Shershen, portavoce delle forze armate ucraine del comando sud. Dal canto suo Mosca ha fatto sapere di aver respinto diversi attacchi delle forze di Kiev contro le sue posizioni nell’Ucraina meridionale e orientale, ma in patria c’erano ben altre preoccupazioni che la controffensiva. «Qualsiasi problema in Russia è nell’interesse di Kiev» ha dichiarato il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba.

PIÙ ARTICOLATO il pensiero di Anton Gerashchenko, consigliere del ministero dell’Interno ucraino: «Oggi, l’Ucraina si è avvicinata di qualche passo alla vittoria completa sulla Russia e alla restituzione completa dei suoi territori, compresa la Crimea». In che modo? «Un mostro vile, ma utile in questo caso (Prigozhin) ha sollevato una ribellione armata contro Shoigu e Gerasimov (ministro della Difesa e comandante delle truppe russe in Ucraina), ha catturato il quartier generale di Rostov, e ora i suoi gruppi avanzati si stanno dirigendo verso Voronezh, e poi verso Mosca». Ancora più oracolare si è dimostrato il consigliere presidenziale ucraino Mikhaylo Podolyak: «Le prossime 48 ore definiranno il nuovo status della Russia. Una vera e propria guerra civile, un passaggio di potere negoziato o una tregua temporanea prima della prossima fase di caduta del regime di Putin. Tutti i potenziali attori stanno scegliendo da che parte stare. In Russia c’è un assordante silenzio ‘d’élite’…».

Com’è evidente, chi si è sbilanciato di più alla fine ha dovuto ritrattare. Dopo l’annuncio della Wagner rispetto alla guerra civile «appena iniziata» in Ucraina sembrava davvero che un’inaspettata mano tesa alla controffensiva fosse stata inviata dal fato. E invece, per ora, tutto come prima. Sul fronte sud si combatte duramente e non si riesce ad avanzare. Nell’est, dove Prigozhin stesso aveva inferto all’esercito ucraino la sconfitta a Bakhmut, invece si continua a parlare di avanzate e conquiste territoriali, ma si tratta di villaggi fantasma ormai, di mucchi di case in una terra martoriata da quasi un decennio di scontri.

MA DA KIEV Podolyak avverte: «non funzionerà mettersi d’accordo e fingere che tutto sia sistemato. Qualcuno deve sicuramente perdere: o Prigozhin, o la coalizione ‘anti-Prigozhin’». E, sembra sottintendere, noi non vediamo l’ora che inizino a scannarsi.