Il 19 febbraio scorso, in sordina, sono iniziati i lavori per la costruzione della contestatissima pista da bob, skeleton e slittino di Cortina d’Ampezzo da utilizzare per prossimi giochi olimpici invernali. Al momento a farne le spese sono le centinaia di larici abbattuti per fare spazio al nuovo impianto: a parte il taglio e lo spostamento dei tronchi, non si sono visti altri movimenti. Questo secondo quanto riportato dalla nutrita rete di realtà singole e collettive che continua a denunciare la problematicità di un progetto ritenuto da subito inutile e dannoso.

A MAGGIOR RAGIONE ADESSO, a meno di due anni da Milano-Cortina 2026, un tempo limitato per avere la certezza che una nuova pista, sicura e collaudata, possa essere pronta per l’inizio dei Giochi. Nonostante la riformulata tabella di marcia, che prevede lavori dal 19 febbraio 7 giorni su 7, collaudo preliminare nel marzo 2025 e ultimazione a ridosso dell’evento.

FRA LE AZIONI MESSE IN CAMPO dal fronte della protesta, i ricorsi al Tar. L’associazione Italia Nostra lo ha presentato la terza volta, per motivi aggiunti essendo che il progetto nel frattempo è stato modificato, mancando i tempi per la realizzazione di quello originario. La parmense Pizzarotti, l’unica impresa che si è presentata alla gara dopo che le due precedenti erano andate deserte, si è aggiudicata l’appalto di 85 milioni per realizzare una struttura «light» che secondo l’organizzazione ambientalista risulta persino più impattante della precedente, venendo a mancare quella mitigazione a verde annunciata a suo tempo.

«È CHIARO COME NEL CASO in esame – si scrive nel ricorso – il progetto esecutivo ha apportato tali e tante innovazioni, anche sotto il profilo ambientale che il loro recepimento avrebbe dovuto avvenire in sede di nuovo progetto definitivo, e tale progetto definitivo avrebbe dovuto essere sottoposto all’esame degli enti preposti al rilascio delle prescritte autorizzazioni e approvazioni». Ma quando il tempo scarseggia questi sono dettagli, come tutte le altre illegittimità segnalate dal ricorso, a partire dalla determina di nomina del commissario straordinario, in quanto priva, rispetto alle nuove soluzioni, di due livelli successivi di approfondimenti tecnici: il progetto di fattibilità tecnico-economica e il progetto esecutivo. Il ricorso prosegue segnalando: l’adozione della determina di affidamento dell’esecuzione dei lavori in assenza di autorizzazione paesaggistica, intervenuta solo successivamente; violazione o quantomeno «eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza di motivazione e confusione procedimentale» per la nota della soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio in quanto, osservando attentamente la tempistica, da una parte non si capisce come si siano potuti esaminare in un solo giorno centinaia di file progettuali, che comportavano rilevanti modifiche al progetto originario e al territorio, in un’area a rilevante vincolo paesaggistico e completamente circondata da un sito Unesco; dall’altra si rilevano contraddizioni nel parere stesso della Soprintendenza, ove sono evidenziate le criticità paesaggistiche e monumentali ancora presenti nel progetto esecutivo ridotto. Ampliamente documentata e in violazione a una serie infinita di leggi è poi l’indeterminatezza della superficie di reale deforestazione necessaria per la realizzazione dell’impianto.

IL RICORSO E’ ANCHE L’OCCASIONE per ritornare su una lacuna concernente l’intero complesso di opere e interventi rientranti nel programma per la realizzazione della manifestazione sportiva, ovvero la mancanza della Vas, quel processo di valutazione integrata e partecipata a devono essere sottoposti i piani e programmi che possono avere impatti significativi sull’ambiente e sul patrimonio culturale.