È il momento della drammatizzazione. L’Ucraina sta perdendo terreno, dopo Adiivka ieri è indietreggiata a Lastochekine. «La vittoria o la sconfitta dipende da voi», per Volodymyr Zelensky, che ha chiesto «cooperazione e determinazione» ai partecipanti alla riunione di Parigi, organizzata dall’Eliseo ieri, dei capi di stato (Polonia, Lituania, Romania, Finlandia), dei primi ministri, dei ministri, in maggioranza della Ue, ma anche di Gran Bretagna, Norvegia, Stati uniti, Canada, 27 paesi rappresentati, qualche assenza giustificata (solo l’Italia, offesa per l’assenza di Emmanuel Macron al G7 di Meloni a Kiev sabato è stata presente con un vice-ministro).

«DARSI UNA MOSSA» è l’obiettivo della riunione «eccezionale» di ieri, per la ri-mobilitazione dell’occidente e il riesame di tutti i mezzi da mettere in atto per sostenere l’Ucraina in difficoltà. Zelensky ha sottolineato che solo il 30% degli obici di artiglieria promessi sono arrivati all’Ucraina. «Siamo senza dubbio arrivati a un momento in cui c’è bisogno di darsi una mossa – ha detto Macron -, la sicurezza di tutti è in gioco, vediamo un irrigidimento della Russia, sfortunatamente illustrato con crudeltà dalla morte di Alexey Navalny».

Le difficoltà per Kiev si accumulano: avanzata russa grazie a una maggiore quantità di armi, la volatilità degli Usa, problemi dell’opinione pubblica europea che crede solo più al 10% sulla vittoria ucraina (il 20% pensa che sarà la Russia), rivolta degli agricoltori europei che prendono di mira l’abolizione di quote e dazi per i prodotti ucraini, accusati di far crollare i prezzi di cereali, pollame e zucchero.

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La riunione di Parigi ha avuto come primo obiettivo la smentita della «fatica», dell’«inerzia» che starebbe frenando l’aiuto europeo. La preoccupazione è condivisa dalla maggioranza: c’è un attivismo russo che non riguarda solo la guerra calda in Ucraina, ma anche gli attacchi cyber agli alleati, la guerra dell’informazione. Ieri, per esempio, il primo ministro slovacco, Robert Fico, ha accusato la riunione di Parigi di avere come obiettivo la decisione di inviare soldati sul fronte ucraino, ha attaccato la «strategia dell’occidente» alla base di una «totale escalation di tensioni», «un fallimento completo». A Budapest, Viktor Orbán, che a differenza di Fico non è venuto a Parigi, ha giustificato il rifiuto del minuto di silenzio per Navalny chiesto dall’opposizione, perché «gli chauvinisti non meritano il rispetto del Parlamento ungherese».

IL MOMENTO DELLA DIPLOMAZIA non è ancora arrivato. Il problema è la quantità di armi e munizioni che gli europei riescono a consegnare a Kiev. L’Europa ha aumentato la produzione del 40%, ma non basta. Il 60% dei fondi della Facilità europea per la pace sono serviti per comprare materiale made in Usa. Gli Usa hanno dato il via libera a Olanda e Danimarca per gli F16. La Francia riflette sulla richiesta di Zelensky per avere dei Mirage 2000 (Olof Scholz ha escluso ieri l’invio di missili Taurus).

In discussione anche la questione della ricostruzione e del suo finanziamento (a giugno Berlino ospita un summit sulla ricostruzione, dopo quello di Londra del 2023). All’Aja è in redazione un «registro dei danni» fatti dalla Russia in Ucraina, in vista degli indennizzi. L’occidente ha gelato circa 300 miliardi di dollari di averi della Banca centrale russa, 199 miliardi sono in Europa, la maggior parte in Belgio. La Ue ha già approvato la possibilità di utilizzare gli utili a favore dell’Ucraina.