La certezza è una sola: ieri una petroliera è affondata a poche miglia dalla città tunisina di Gabès. La sala macchine si era allagata. Sul resto della vicenda, però, aleggiano punti oscuri e contraddizioni. Venerdì l’agenzia Tunis Afrique Press (Tap) ha scritto che la nave trasportava mille tonnellate di carburante. Ieri la ministra tunisina dell’ambiente Leila Chikhaoui ha parlato di 750 tonnellate di gasolio. Una fonte del ministero dei Trasporti ha invece riferito alla testata TunisieNumerique che il carico era diesel leggero, «molto meno pericoloso del gasolio».

Le autorità hanno inizialmente sottolineato il rischio di «catastrofe ambientale» e attivato un piano di emergenza per tentare di evitare il disastro. Successivamente, invece, Chikaoui ha definito la situazione «sotto controllo» e spiegato che si è proceduto «all’installazione di barriere antinquinamento intorno all’area dell’affondamento, col previsto pompaggio di olio combustibile». In caso di sversamento, però, non è detto che le barriere siano sufficienti: ieri nel golfo sbatteva un’onda di circa un metro.

NEL TARDO POMERIGGIO il ministro dei Trasporti Rabie Al-Majidi ha dichiarato che il maltempo ha impedito l’ispezione dello scafo, a circa 20 metri di profondità. Intanto sono state individuate delle macchie in cui l’acqua assume riflessi arcobaleno, ma secondo le autorità verrebbero dal serbatoio della nave e non dal carico. «Ci sono perdite minime», ha rassicurato Mohamed Karry, portavoce del tribunale di Gabès dove è stata aperta un’indagine sull’incidente.

«Il carburante non si mischia all’acqua, galleggia. Se si sversasse creerebbe una macchia che impedirebbe a sole e ossigeno di passare, uccidendo prima il plancton e poi i pesci. Sarebbe una catastrofe ecologica in una zona già contaminata e un disastro sociale per i 30mila pescatori attivi nell’area», afferma Hamdi Hached, ingegnere ambientale ed esperto di climatologia. L’International Tanker Owners Pollution Federation (Itopf), organizzazione specializzata in simili incidenti, considera «grandi» gli sversamenti superiori alle 700 tonnellate. Nel 2021 ne ha registrato solo uno di tali dimensioni, in Asia, e nel 2020 nessuno. Le quantità totali degli sversamenti di oli in mare si sono considerevolmente ridotte nel tempo. Secondo i dati Itopf sono passate da oltre 3milioni di tonnellate negli anni Settanta a 164mila negli anni Dieci del nuovo millennio.

«IL GOLFO DI GABÈS è già inquinato dalle raffinerie di fosfato, ma questo incidente potrebbe far precipitare la situazione. Mi preoccupa l’apparente tranquillità delle autorità», afferma Majdi Karbai, deputato del partito socialdemocratico ed ecologista Attayar. Karbai, insieme ad altri 111 parlamentari, è stato accusato di cospirazione e minaccia alla sicurezza dal presidente della Repubblica Kaïs Saïed per aver votato il 30 marzo scorso l’annullamento delle misure straordinarie. Rischia pene esemplari.

Rispetto alla petroliera affondata molti punti oscuri riguardano il nome e la rotta. Secondo l’Ais (Automatic identification system) la nave si chiama Xelo e ha la bandiera della Guinea Equatoriale. Nel registro dell’Organizzazione marittima internazionale (Imo), invece, compare il nome Melo e lo stato di bandiera è il Camerun. La petroliera è stata costruita nel 1977 ed è di proprietà della Star Energy Inc, compagnia con sede a Istanbul ma registrata ad Anguilla, isola caraibica che fa parte dei territori d’oltremare britannici.

IL 9 FEBBRAIO scorso ha ricevuto un Port state control (Psc), ispezione dello stato di approdo, di tipo approfondito nella città greca di Neapolis. Gli ispettori hanno individuato 15 irregolarità motivo di trattenimento, in aree come sicurezza della navigazione o documenti e certificazioni. La nave è stata detenuta 16 giorni.

Ieri le autorità tunisine hanno dichiarato che la Xelo prima di affondare stava viaggiando dal porto egiziano di Damietta a Malta. Questa informazione, però, è contraddetta dai tracciati della nave, che sembra sparire spesso dai radar. Il giornalista di RadioRadicale Sergio Scandura ha pubblicato la rilevazione satellitare dell’ultima tratta: la petroliera è partita l’8 aprile dal porto tunisino di Sfax, indicando Damietta come destinazione. Poi è scomparsa sia dal segnale Ais che dal satellite per ricomparire in acque tunisine. Impossibile che sia andata e tornata dall’Egitto.