Sì, no, forse. Il preannunciato incontro tra Trump e Putin a Parigi l’11 novembre in concomitanza con le celebrazioni della fine della Prima guerra mondiale che era stato stoppato da Macron, alla fine si terrà seppur in formato ridotto. Lo ha annunciato ieri pomeriggio il braccio destro del presidente Yurii Ushakov. I risultati delle elezioni di midterm sembrano aver fatto tirare una piccola boccata d’aria al presidente Usa, che vorrebbe utilizzarla anche per riaprire quel dialogo con Mosca sempre impedito negli ultimi due anni dal fuoco di sbarramento democratico.

Sarà uno scambio di vedute breve – una mezzora – durante il brunch all’Eliseo. A spingere in questa direzione nelle ultime ore è stato lo staff del Cremlino: il nuovo pesantissimo round di sanzioni da tempo annunciate contro la Russia (tra cui il blocco dei voli aerei dell’Aeroflot verso gli Usa) devono essere approvate dalla Casa Bianca entro il 22 novembre e Putin intenderebbe chiedere almeno una moratoria delle misure.

Il meeting vero e proprio si terrà in Argentina nella cornice del G20 alla fine di novembre e affronterà tutto il paniere delle trattative in corso tra i due paesi a cominciare dall’accordo sui missili a breve e medio raggio, ma in cambio della sospensione delle sanzioni già a Parigi – secondo le indiscrezioni che circolano sulla stampa russa – Putin potrebbe fare ponti d’oro sulla sistemazione della questione siriana.

Le reazioni alle elezioni americane nei corridoi della Duma sono all’insegna della sobrietà. Secondo il presidente della Duma per i rapporti con l’estero Pavel Sluzky «non ci sono state sorprese. Le previsioni sono state confermate. Questo risultato però mostra che la divisione nella società americana persiste». I risultati però, ritiene Dmitry Suslov presidente del think-thank Istituto di politica internazionale di Mosca, non sono di buon auspicio e «d’ora in poi Trump sarà privato del tutto dell’opportunità di perseguire la politica desiderata, avrà mani e piedi legati. Non sarà approvata alcuna legge, ad eccezione delle sanzioni contro la Russia».
Un punto di vista non condiviso del tutto dal Partito comunista. Secondo i comunisti russi «si sarebbe comunque assistito a una crescita della politicizzazione della società Usa cristallizzatasi nella elezione a deputati al Congresso di molti candidati progressisti e di sinistra».