Mentre scriviamo – e mentre leggete questo articolo – potrebbe essere di nuovo cambiato tutto.

LE ULTIME NOVITÀ sono le seguenti: nella giornata di ieri, dopo la lettera inviata a Kim Jong-un per annullare l’incontro previsto a Singapore il 12 giugno, Trump ha lasciato intendere che potrebbe ripensarci. La sua ultima comunicazione battuta dalle agenzie, racconta di un presidente americano che si sarebbe detto di nuovo possibilista per il «summit storico» . Cosa è successo dall’invio della lettera a questo ennesimo cambiamento di opinione? Innanzitutto la reazione di Pyongyang alla sua missiva: pur definendo «deplorevole» l’azione della Casa bianca, la Corea del nord ha ribadito la propria volontà al «meeting drammaticamente necessario» e la disponibilità «a sedersi faccia a faccia in qualsiasi momento per risolvere la questione». Potrebbe aver pesato anche la presa di posizione della Corea del sud, stupita e infastidita per non essere stata messa al corrente dei propositi del presidente americano. Si dice che Moon – «molto perplesso e rammaricato» dalla lettera di Trump – sia stato fortemente «imbarazzato» dall’iniziativa della Casa bianca e questa tipologia di sentimento – l’imbarazzo – non è qualcosa che si vive con estremo piacere in Asia.

TANTO PIÙ CHE MOON – che aveva giocato tutte le sue carte politiche per una distensione nella penisola coreana – ora deve anche guardarsi le spalle in casa. La lettera di Trump e il rischio di un ritorno alla situazione del 2017 ha portato ai primi attacchi diretti al presidente sudocoreano e alla sua novella «sunshine policy»: l’opposizione parlamentare conservatrice – attraverso Kim Sung-tae, capogruppo del partito Saenuri – ha accusato il governo di essersi abbandonato «a ottimismo e rosee fantasie infondate».

CONTRO LA LETTERA DI TRUMP e il suo repentino cambio di idea di giovedì, erano arrivate anche le parole di Pechino: la Cina – ha detto il vicepresidente cinese Wang Qishan – non consentirà guerre e disordini nella penisola coreana. Nel suo intervento alla sessione plenaria del Forum economico internazionale di San Pietroburgo, ha specificato che «la questione nucleare nella penisola coreana riguarda gli interessi fondamentali della Cina. La Cina conta sulla pace e la stabilità nella penisola coreana e non permetterà una guerra o degli scontri su questa penisola. Per questo motivo dobbiamo promuovere il processo di denuclearizzazione nella penisola coreana e siamo molto determinati in questo senso».

ANALOGA POSIZIONE era stata tenuta dai media statali di Pechino, come il China Daily. Il quotidiano si è augurato che Usa e Corea del nord «restino in contatto e continuino a lavorare in direzione di un comune obiettivo». Vedremo: in questo momento siamo in una situazione di forte incertezza. Le dichiarazioni di Trump, tornate dunque possibiliste per il dialoso a Singapore, potrebbero di nuovo trovare smentite in men che non si dica.

AL DI LÀ DELL’INCONTRO e benché Washington abbia fatto sapere di essere in contatto con Pyongyang, rimane la distanza abissale tra le due posizioni, che il summit si faccia o meno. A questo punto, un via libera, dimostrerebbe quanto meno una possibilità reale di arrivare a un compromesso.