Da Bruxelles il vice presidente Mike Pence ha detto che sia lui sia il presidente Trump «sostengono fortemente» la libertà di stampa, ma sono pronti ad intervenire anche nei riguardi dei mezzi di informazione, se necessario. «Sosteniamo una stampa libera e indipendente», ha detto Pence lunedì nel corso di una conferenza stampa presso la sede della Nato; Pence ha poi aggiunto che però l’amministrazione Trump «continuerà ad intervenire quando i media giocano a tira e molla con i fatti».

UNA DICHIARAZIONE che spiega come il concetto stesso di libertà di stampa sia visto da questa amministrazione e che ha anticipato di poco il feroce attacco ai media sferrato dal presidente dalla Florida, da quella che lui chiama la «Casa bianca estiva» o la «Casa bianca del sud», che altro non è che il suo club di Mar-A-Lago. Il presidente, sabato, nell’hangar dell’aeroporto internazionale di Orlando-Melbourne, ha tenuto un comizio durante il quale ha usato termini di fuoco contro la stampa corrotta che impone «cosa noi dovremmo pensare», per poi deplorare un mai avvenuto attentato in Svezia.

Quando il caso svedese è diventato un meme di internet Trump si è difeso chiamando in causa la rete televisiva Fox News, scrivendo su Twitter: «La mia dichiarazione su quanto avvenuto in Svezia si riferiva ad una storia che era stata trasmessa da Fox News sugli immigranti e la Svezia», senza fornire ulteriori elementi per far comprendere a quale storia si riferisse.

MA NON SOLO LA STAMPA (e la Svezia) erano sotto attacco; nel fine settimana l’amministrazione ha cacciato un alto consigliere per la sicurezza nazionale, Craig Deare, responsabile per gli affari nell’emisfero occidentale; la decisione è arrivata a seguito alle critiche di Daer a Trump durante un evento privato. La Casa bianca ha spiegato la decisione in quanto sarebbe strano tenere un funzionario che non sostiene gli obiettivi del proprio capo, come ha affermato Sarah Huckabee Sanders, portavoce della Casa bianca: «Non ritengo che una persona che svolge l’incarico di portare avanti l’agenda del presidente possa essere contraria all’agenda del presidente».

Non è stata forse una grande scelta da parte di un presidente che ha difficoltà persino a formare la sua squadra di governo; al momento sono 6 su 15 i titolari di dicasteri che mancano all’approvazione del Senato, ma tra titolari, segretari e sottosegretari i posti da coprire sono circa 4.000.

UN MOTIVO di questa difficoltà è che i maggiori esponenti repubblicani avevano già preso impegni con gli altri 16 candidati delle primarie Gop e si erano dichiarati contrari alla linea politica di Trump, come spiega il New York Times, e questo contribuisce a isolarlo anche da quelli che dovrebbero essere i suoi alleati. In più c’è un’evidente differenza di vedute con alcuni personaggi di spicco. Uno dei maggiori oppositori interni al partito repubblicano a Trump, è il senatore John McCain, che è tornato ad attaccare il presidente Usa; durante un’intervista alla Nbc McCain ha parlato proprio del rapporto di Donald Trump con la stampa.

«I dittatori iniziano sopprimendo la libertà di stampa – ha detto il senatore – Non sto dicendo che il presidente Trump sia un dittatore: sto dicendo che dobbiamo imparare dalla storia». A creare l’isolamento di Trump contribuiscono la sua frettolosità e l’inadeguatezza istituzionale, che ha ampiamente dimostrato con il famigerato MuslimBan, talmente mal scritto, oltre che incostituzionale, da essere puntualmente bocciato da ogni corte ma di cui Trump ha annunciato una nuova versione per questa settimana.

QUESTO ANNUNCIO ha fatto indire, domenica la manifestazione «I Am A Muslim Too», sono anche io musulmano; con questo slogan migliaia di persone sono scese in strada per il quinto fine settimana consecutivo di marce, comizi e cortei contro Trump.