Il giorno dopo l’audizione di James Comey il presidente americano Donald Trump, dopo aver accusato l’ex direttore dell’Fbi di essere una gola profonda ha fatto sapere che testimonierà sotto giuramento.

LE PAROLE DI COMEY, di sicuro, pur non accusando esplicitamente Trump hanno descritto un presidente ambiguo, poco chiaro nel modo di condurre la sua azione di governo, vagamente minaccioso, almeno per quanto riguarda il riferimento di Comey alla presunta richiesta di «fedeltà» da parte del presidente Usa.
Secondo New York Times e Washington Post, in realtà, le parole di Comey circa la mancanza di un’esplicita richiesta da parte di Trump di insabbiare il Russiagate, non scagionerebbe completamente il neo inquilino della Casa bianca.

Secondo i due quotidiani il metodo utilizzato da Trump, di parlare da solo con Comey e allontanare i suoi collaboratori e solo allora comunicare la volontà di «lasciar correre» circa l’indagine su Flynn, ex collaboratore sulla sicurezza di Trump, dimessosi proprio per le accuse di oscure relazioni con i russi, segnalerebbe proprio il comportamente del presidente teso a insabbiare e quindi a commettere un illecito. Ora di certo tutto passa nelle mani del procuratore speciale chiamato a indagare sul «Russiagate», Robert Mueller.

IERI TRUMP HA REAGITO alle parole di Comey, dopo una giornata di completo silenzio, forse imposto dai suoi collaboratori, sia da Twitter che da altre forme di comunicazione (perdendosi in questo modo l’occasione di dire la propria sulle elezioni inglesi, sui nuovi lanci di missili da parte di Kim Jong-un in Corea del Nord e sulla decisione del governo di Seul, insediatosi da poco, di fermare per almeno un anno il dispiegamento completo del sistema di difesa antimissile del Thaad.

Il presidente americano, dopo aver affidato una prima e immediata reazione al suo staff alla Casa bianca – «Donald Trump non è un bugiardo» – ha voluto dire la sua via Twitter, naturalmente: «Nonostante tante false affermazioni e bugie, totale e completa discolpa. E wow, Comey è una gola profonda», con riferimento all’ammissione da parte dell’ex direttore del Bureau di aver passato informazioni e appunti circa i suoi incontri con il presidente alla stampa.

DI COSTRUZIONI e infrastrutture ha invece preferito parlare dal vivo, in un intervento dal dipartimento dei Trasporti dove è tornato a parlare del suo piano da 1.000 miliardi di dollari per modernizzare il sistema di trasporti americano.

«Gli americani meritano le migliori infrastrutture. È ora di mettere l’America al primo posto…Sono stato eletto per cambiare il sistema, è ora di cominciare a costruire il nostro paese con i nostri lavoratori, il nostro acciaio, il nostro ferro, il nostro alluminio».

Trump, che al riguardo però non ha ancora presentato un piano dettagliato, ha poi parlato di un altro punto del suo piano per le infrastrutture: velocizzare i processo per ottenere i permessi. «La nostra amministrazione metterà fine al lungo, lento, non necessario e gravoso processo per ottenere i permessi. Molti progetti non sono stati realizzati perché non potevano ottenere i permessi, e questo è avvenuto senza motivi», ha continuato il presidente americano.

Trump ha anche tenuto a ricordare di essere molto contento per l’apertura del Dakota Access Pipeline, l’oleodotto inaugurato pochi mesi fa dopo anni di proteste e scontri con gli attivisti pro ambiente e che poco prima delle elezioni era stato bloccato da Obama.