Circa 80mila persone sono attese a Louisville, Kentucky per l’annuale meeting della Nra, la National Rifle Association, potentissima lobby delle armi. Gli incontri sono iniziati giovedì e tra gli speaker attesi c’è pure Donald Trump. Per chi non ha dimestichezza con questo tipo di evento basta immaginarsi un ampio numero di persone che credono nell’inviolabilità del secondo emendamento, quello che prevede per tutti i cittadini americani il diritto di possedere un’arma per difendere sé stessi o la propria proprietà, fosse pure necessario un kalashnikov.

Le cose, però, con l’amministrazione Obama son cambiate, perché il presidente si è sempre battuto per una regolamentazione – più che un suo stralcio vero e proprio – del secondo emendamento, ma da solo non ha il potere di decidere i cambiamenti costituzionali, dovendo passare attraverso altre istituzioni, come la Corte Suprema. Con la morte del giudice Scalia la Carte Suprema si è ritrovata in una situazione di stallo in attesa dell’elezione del nuovo giudice. Il nome proposto da Obama è stato quello di Garland, moderato al limite del conservatore, proprio per evitare l’opposizione del Gop, che però non ha accettato, ad ora, la nomina. Ciò che la Nra teme più di ogni altra cosa è una Corte Suprema sbilanciata capace di cambiare lo status quo sulle armi.

La realtà è che il sentire comune americano è lentamente, sparatoria dopo sparatoria, cambiato. Le nuove generazioni, cresciute in una sovraesposizione mediatica, esposte alle cronache di tutte le stragi che quotidianamente accadono in America, non vedono più il secondo emendamento come l’inalienabile diritto ad acquistare un’arma.

Ad aggravare la situazione c’è un altro dato: uno dei due maggiori candidati in corsa per la Casa bianca, Hillary Clinton, è una sostenitrice militante della politica del controllo delle armi da vent’anni. Sulla posizione di Trump – invece – non ci sono dubbi: armi per tutti e con facilità di acquisto. Diverso l’atteggiamento di Sanders, che dopo aver iniziato la campagna elettorale con posizioni ambigue al riguardo, ha definitivamente intrapreso una linea più simile a quella di Clinton. Non c’è da stupirsi dunque se la Nra non si sente più tutelata come al solito temendo per i propri privilegi e la propria posizione.

Con una Corte Suprema che potrebbe anche divenire ostile, un presidente che potrebbe anche essere per il controllo delle armi e una Camera ed un Senato che, con la tremenda crisi che il partito repubblicano sta vivendo, potrebbero essere molto depotenziati, la Nra rischia di vedersi arrivare delle limitazioni, e di questo ha paura . La paura traspare anche dalle dichiarazioni che ha rilasciato su Trump mettendo in dubbio la sua autentica tenacia nel difendere il secondo emendamento.

«Non so se quel tipo ha mai veramente sparato un colpo», hanno detto alcuni dei membri della Nra. Ora Trump parteciperà al meeting dei membri della Nra e si troverà nella situazione di dover convincere i più belligeranti degli ultra conservatori americani delle proprie «buone» intenzioni Per molti versi Trump parte in svantaggio.

È newyorchese, e, come si è spesso sentito durante i dibattiti, un newyorchese non viene facilmente percepito come vero conservatore, intendendo il conservatorismo come un insieme di valori antecedenti la guerra civile americana. Ryun Baumgarten, membro ventinovenne della Nra e proveniente da Milwaukee, Wisconsin, ad esempio, si è detto scettico su Trump come vero e proprio sostenitore del diritto alle armi, usando termini condivisi dagli altri membri.

«È difficile credergli, perché, si sa, è una persona di New York», ha detto. «Dice che i suoi figli sono membri a vita della Nra. Non so da quanto tempo lo siano davvero. Non so se lui stesso è davvero un tiratore. Di solito le persone sono piuttosto chiare sulle proprie capacità di sparare, non ho mai sentito Trump parlare di armi prima delle elezioni». Trump proverà sicuramente a convincerli del contrario.