Donald Trump si è preparato ad accogliere il leader cinese Xi Jinping nel suo resort di Mar-o-Lago in Florida, mentre ogni giorno la sua amministrazione perde pezzi. Questo primo incontro tra i due due leader intenzionati, tra le altre cose, a discutere di commercio e delle ambizioni nucleari della Corea del Nord, arriva il giorno dopo l’allontanamento di Bannon dal Consiglio di Sicurezza e lo stesso giorno delle dimissioni del deputato repubblicano Devin Nunes dalla presidenza della commissione d’inchiesta del Congresso sul Russiagate. Nunes ha infatti annunciato la decisione di lasciare la guida dell’indagine sulle possibili interferenze della Russia nella campagna per le elezioni presidenziali americane e sui rapporti tra esponenti russi e alcuni membri della campagna elettorale di Donald Trump, dopo settimane di pressioni, anche da parte dei repubblicani, e dopo che il Comitato etico ha annunciato l’apertura di un’indagine formale nei suoi confronti.

Il deputato aveva rivelato alcune prove alla Casa Bianca mentre le indagini erano ancora in corso, prove fornite da due funzionari che il New York Times aveva poi rivelato essere della stessa Casa Bianca. Il suo posto sarà preso dal repubblicano Mike Conaway, ma per Trump è un colpo duro.

LA CREDIBILITÀ DI NUNES, anche se resterà nel comitato, è compromessa, così come quella della Casa Bianca e del presidente che ha chiaramente dimostrato di voler interferire nell’inchiesta sul Russiagate che ormai miete una vittima al giorno. Come se questo non fosse già abbastanza destabilizzante per il giovane governo guidato da Trump, la conferma del giudice Neil Gorsuch non ha prevedibilmente ottenuto al Senato i 60 voti favorevoli necessari per la conferma come giudice della Corte Suprema. La votazione si è conclusa con 55 favorevoli e 45 contrari, non sufficienti a confermare la nomina in quanto le regole attuali prevedono che la conferma sia approvata con almeno 60 sì. «Questo sarà il primo e l’ultimo ostruzionismo per la nomina del giudice della Corte Suprema» ha promesso Mitch McConnell, a capo della maggioranza repubblicana al Senato, dopo aver guidato per mesi l’ostruzionsmo di destra a Merrick Garland, il giudice nominato da Obama per rimpiazzare Scalia.

LE PROSSIME 24 ORE potrebbero essere tra le più controverse della storia recente del Senato americano, in quanto i repubblicani hanno annunciato che cambieranno le regole in modo che basti la maggioranza semplice, la cosiddetta «nuclear option»; il voto finale sulla conferma di Gorsuch è in programma per venerdì, quando 52 repubblicani e almeno tre democratici, provenienti dagli Stati vinti da Trump alle elezioni, si aspetta che votino a favore della nomina di Trump per sostituire il posto lasciato vacante da Antonin Scalia.

Anche questa non è una bella figura per un’amministrazione che dimostra di poter governare solo tramite la forza, e dopo aver mostrato le spaccature interne con il fallimento della riforma dell’Obamacare, mostra ora quanto siano insanabili le spaccature con l’opposizione democratica.

`È quindi questa l’immagine di governo con cui Trump ha accolto Xi Jinping, dopo aver accusato la Cina per mesi di essere manipolatrice di valuta e di portare avanti una linea protezionsta. Durante la campagna elettorale Trump aveva fatto minacce dirette nei confronti di Pechino, parlando di guerra commerciale e non escludendo anche quella valutaria, ora, però, i toni si sono abbassati. Anhe il comitato di accoglienza del capo di Stato cinese riflette le spaccature dell’amministrazione Usa.

A RICEVERE XI JINPING con Trump ci sono due figure antitetiche nelle relazioni con la Cina: Peter Navarro, a capo del Consiglio per il Commercio, economista e autore di Death by China (Morte per mano della Cina), una delle figure del panorama accademico statunitense più critiche nei confronti della Repubblica popolare, che «attacca la Cina senza sapere niente», come dicono i suoi detrattori anche repubblicani.

OLTRE A NAVARRO ci sarà Steven Mnuchin, Segretario del Tesoro, più accomodante con Pechino, visto che subito dopo la nomina aveva dichiarato di non vedere alcuna urgenza di rivolgersi alla Cina come a un trafficante di valuta. La sua linea morbida pare aver prevalso, nelle ultime settimane, così da non penalizzare gli investimenti cinesi che producono lavoro negli States, visto anche il primo cinese incontrato da Trump, vale a dire Jack Ma, patron di Alibaba, la più grande società di commercio on-line cinese e forse del mondo.