Brucia il Vesuvio, arde la Sicilia costringendo a rifugiarsi in mare un pugno di villeggianti a San Vito Lo Capo. Divampano le polemiche e fioccano le accuse: roghi in gran parte dolosi, presunta regia della criminalità organizzata. Una spessa coltre fumogena che impedisce di vedere con chiarezza alcuni elementi di non poco conto: la fragilità di un sistema che non riesce a intervenire quando i roghi potrebbero essere contenuti, le fiamme che assalgono (come documenta la foto in questa pagina) pure la mega-discarica vesuviana di Terzigno, nel mirino delle proteste cittadine qualche anno fa e poi chiusa. Se andasse a fuoco, alla catastrofe ambientale già in corso rischierebbe di aggiungersi un’altra sanitaria.

Per far fronte a tutto ciò, attorno al Vesuvio sono impegnati appena tre Canadair sugli appena 16 in totale a disposizione della Protezione civile in tutta Italia. Una lotta impari che mostra la debolezza strutturale di un Paese in cui gli investimenti per il controllo e la manutenzione del territorio sono ai minimi e che chiama in causa il governo Gentiloni e il suo ministro dell’Ambiente Paolo Galletti, che ieri si è precipitato a Ottaviano e ha tuonato contro i piromani: «Faremo di tutto per catturare i colpevoli».

La procura di Torre Annunziata ha aperto un’inchiesta per incendio doloso, ma nei confronti di ignoti. La verità è che si brancola nel buio. Un presunto piromane è stato fermato nel vesuviano, ma nulla più. Sulle cause reali degli incendi non c’è una spiegazione convincente: appare chiaro a tutti che gli incendi, o almeno la gran parte di loro, siano stati provocati dalla mano dell’uomo, ma da chi e perché non è chiaro. Come al solito, con ogni probabilità non c’è una regia unica, quel che è sicuro è che si è ripetuto, in forma più grave a causa dell’eccezionale ondata di caldo e siccità, quello che è accaduto lo scorso anno e negli anni precedenti in tutto il Meridione. Così come, ai primi temporali, ci sarà il rischio concreto di frane e altri disastri naturali.

La Protezione civile ieri ha dato i numeri: dal 15 giugno sono state 432 le richieste d’intervento, contro le 308 del 2007 e le 261 del 2012. Delle 717 richieste di soccorso aereo (contro le 447 dell’annus horribilis 2007), 196 sono arrivate dalla Sicilia, 117 dal Lazio, 83 dalla Campania e 78 dalla Calabria. Contro le 447 del 2007. Un’annata record, dunque, alla quale si tenta di far fronte con i pochi strumenti a disposizione: 350 mezzi di terra, 700 uomini, 16 Canadair e 12 elicotteri. Le Regioni, che dovrebbero organizzare piani di prevenzione e intervento, si sono mosse tardi e alcune di loro non hanno preparato i piani. Dovrebbero pure avere una loro flotta, ma non è sempre così: Abruzzo, Basilicata, Marche, Molise, Puglia, Sicilia e Umbria non hanno né Canadair né elicotteri a disposizione e si appoggiano a Protezione civile e vigili del fuoco. Paradossale, visto che si tratta pure di quelle più a rischio.

Sotto accusa c’è pure lo smantellamento, da parte del governo, del Corpo forestale dello Stato. A mettere il dito nella piaga ci ha pensato l’ex comandante Vincenzo Stabile, ora coordinatore dei Gruppi ricerca ecologica della Campania: «Il clima di siccità favorisce gli incendi, ma la scelta politica di distruggere il Corpo Forestale dello Stato ha aggravato la situazione in modo determinante, in particolar modo per lo spacchettamento delle competenze in materia di incendi boschivi. poiché ha determinato l’attribuzione ai Carabinieri delle attività investigative e di prevenzione, mentre quelle di direzione e spegnimento sono state devolute ai Vigili del Fuoco». In buona sostanza, la mancanza di una gestione unica avrebbe contribuito a provocare il caos.
A dargli man forte è stato il sindaco di Napoli Luigi de Magistris, secondo il quale la scelta di «smantellare» il Corpo forestale e farlo confluire nell’Arma dei carabinieri è stata una scelta «scellerata, un errore strategico, istituzionale e politico gravissimo». L’ex pm ha invitato poi il governo a «investire per acquistare Canadair, elicotteri e non a utilizzare risorse per salvare banche e fare spese militari».

Insomma, in questa vicenda paiono convergere diversi problemi: dai cambiamenti climatici alle inefficienze della politica, anche locale, fino alle politiche di austerità.

Intanto in Sicilia, dopo i roghi che nei giorni scorsi hanno lambito la città di Messina, ancora ieri si sono contati 125 incendi, con diverse procure che hanno aperto inchieste. A San Vito Lo Capo, nel trapanese, sono stati evacuati via mare da un resort seicento turisti.