La recrudescenza della guerra in Libia sta per entrare nella sua settima settimana e le forze della difesa di Tripoli non riescono a respingere l’offensiva del generale Haftar né sul piano militare né su quello diplomatico. Il recente tour del premier Serraj a Roma, Berlino, Parigi e Londra, per chiedere una presa di posizione in suo favore, si è rivelato un completo insuccesso.

Ora il suo governo di accordo nazionale – e i potentati che vi fanno riferimento, fuori e dentro al Paese – sfoderano un’altra arma: i dollari e il petrolio. Obiettivo non dichiarato: indurre Trump a una nuova mossa sulla Libia che faccia dimenticare la cordiale telefonata ad Haftar del 19 aprile, a offensiva contro Tripoli iniziata da due settimane, in cui il presidente americano lodò l’impegno antiterrorismo del “feldmaresciallo”.

Il vice premier Ahmed Maitiq nei giorni scorsi si è recato negli Usa, dove ha pagato 2 milioni di dollari alla società Prime Policy Group per migliorare l’immagine politica del governo di Tripoli e mettere in cattiva luce l’offensiva del Libyan National Army, l’esercito di Haftar. Altre centinaia di migliaia di dollari li ha dati alla Mercury Pubblic Affair, azienda di lobbisti di Washington.

In trasferta negli States anche il gotha finanziario libico: il presidente della compagnia petrolifera Noc Mustafà Sanallah e il governatore della Banca centrale Sadiq al Kabir. Quest’ultimo è il perno del conflitto in quanto membro di spicco della Fratellanza musulmana – principale nemico di Haftar – e ufficiale pagatore sia delle milizie di Tripoli sia degli scarsi proventi della produzione petrolifera alla Cirenaica. Sanallah e Kabir hanno inaugurato in Texas il primo ufficio estero della Noc. Sanallah ha spiegato che «rappresenterà una porta di accesso a nuove opportunità e per i nostri partner negli Stati Uniti». Ai vertici della Off Shore Technology company come a quelli della Halliburton e della Caterpillar ha fatto brillare davanti agli occhi contratti da 60 miliardi di dollari per le opere necessarie a raddoppiare la produzione di idrocarburi entro il 2023. Nel frattempo a Tripoli Serraj ha alla fine congelato per un mese il blocco alle attività in Libia di 40 società straniere – tra cui Total e Siemens – deciso dal suo ministro dell’Economia come rappresaglia per gli infruttuosi colloqui europei.

La guerra economica si è alzata di livello. E il generale Haftar, per tutta risposta, è volato al Cairo, da dove è tornato solo ieri dopo aver incontrato il presidente Al Sisi, suo principale supporter, insieme a Putin e ai principi ereditari saudita e emiratino, Mohamed Bin Salman e Mohammed bin Zayed.

La battaglia a Tripoli sul piano militare continua com’è iniziata, con bombardamenti notturni e violenti scontri a fuoco diurni nelle stesse aree meridionali della città. Sempre più pesante il bilancio Oms: 454 morti, 2.150 feriti, 60 mila sfollati, 3.100. migranti detenuti sotto tiro. Gli appelli del Consiglio di sicurezza Onu, e ieri anche del primo ministro Conte, a un cessate il fuoco per ritrovare il filo del dialogo sembrano destinati a rimanere inascoltati.