La presidentessa della Camera Nancy Pelosi ha chiesto al Congresso una mozione di condanna per i tweet di Trump: il tycoon ha detto a un gruppo di deputate democratiche liberal di «tornare a casa», nei loro Paesi disagiati.

Si riferisce alla newyorchese Alexandria Ocasio-Cortez, a Rashida Tlaib di Detroit, Ayanna Pessley di Boston e Ilhan Omar, somala naturalizzata statunitense. Ciò che hanno in comune è il non essere bianche.

Pelosi ha detto che Trump è riuscito ad andare «oltre i suoi già bassi standard usando un linguaggio vergognoso contro dei membri del Congresso» e che i democratici hanno il dovere di «rispondere con forza a queste atti disgustosi».

L’annuncio della risoluzione è arrivato dopo che Trump, non pago, ha raddoppiato le aggressioni accusando le deputate di «odio razzista» e chiedendo che porgano scuse agli Stati uniti, ad Israele e a lui. Accusando le deputate di razzismo senza il minimo timore del paradosso, Trump ha usato una tattica che, benché mediocre e infantile, ha usato altre volte: accusare i suoi avversari delle trasgressioni per le quali viene criticato.

Chiedere un voto di condanna di Trump serve anche a scuotere i repubblicani, rimasti in gran parte in silenzio, timorosi di andare contro un leader della Casa bianca così popolare con la base. La voce più squillante nel Gop è quella del governatore dell’Ohio, John Kasich, che ha definito le affermazioni di Trump «deplorevoli e al di sotto della dignità dell’ufficio». Trump però non retrocede e ha detto di considerare i suoi tweet «tutt’altro» che razzisti e che molta gente sulle quattro deputate la pensa come lui.

In questa affermazione c’è la chiave di tutto, del perché i Gop non protestino e del perché lui sposti sempre in po’ più in là l’asticella del tollerabile: Trump è un sincero razzista e regala voce a tutti i sinceri razzisti d’America, una minoranza ma che l’ha portato alla presidenza e che crede che solo i bianchi siano i veri americani, a dispetto di qualsiasi logica e narrazione storica, ad esempio sui nativi americani.

II New York Times ha chiesto ai lettori di raccontare se gli è mai stato detto «Torna al tuo Paese», provocando un fiume di risposte anche inaspettate, come quella del giornalista di un piccolo network tv che aveva ricevuto una email da uno spettatore: «Mi ha detto che Trump mi avrebbe rimandato in Messico, il che è strano: la maggior parte dei miei antenati è irlandese»