Il nostro cinema riflette da tempo la difficoltà dei rapporti affettivi, l’inadeguatezza del maschio nel far fronte alle richieste della donna e della società e il risultato è una visione quasi adolescenziale non solo dei personaggi sullo schermo, ma anche nella vita reale.

Se si tenesse presente cosa dice Billy Wilder sull’amore le cose andrebbero meglio. È una tendenza che risale ai tempi ormai lontani, di Io sono un autarchico dove Michele Apicella, padre di famiglia, aveva problemi con la donna della sua vita alla ricerca dei suoi spazi. Ma Tommaso di Kim Rossi Stuart (fuori gara da domani nelle sale) è anche un film che si sviluppa come percorso psicoanalitico (anche se dà l’impressione di aver sbagliato piano nel suonare dallo psichiatra) sulla ricerca della donna perfetta e insieme delle scelte professionali, due piani strettamente legate nella storia.

Tommaso fa l’attore, cerca di scrivere il «suo» film, nello stesso tempo firma con molte resistenze il contratto per una commedia che detesta, lascia le donne che lo sopportano e desidera senza raggiungerle tutte le altre. Il punto di vista del cinema di un tempo era approntare un catalogo per maschi (lo ha fatto sempre Fellini nei suoi film e in ogni cinematografia a un certo punto compare il personaggio invaghito di tutte, occasione per mostrare varie tipologie di donna.

Anche qui Tommaso sembra ricercare la donna perfetta tra tante e poi si ritrae perché trova in ognuna un impercettibile difetto per evitare di coinvolgersi troppo. Il suo catalogo comprende l’intellettuale pensante (Jasmine Trinca) che trova problematica, la fatina accogliente (Cristiana Capotondi) forse troppo prevedibile, la ruspante giovane del contado (Camilla Diana) che scuote la sua frigidità mentale e fisica. E non manca una madre dal passato misterioso, interpretata da Dagmar Lassander, regina del B movie degli anni ’70 in film come Il vizio ha le calze nere, Pelle su pelle. Nonostante la sua problematica del tutto attuale è proprio a certi film di quegli anni a cui fa pensare il film (si potrebbe dire che è la versione ascetica di Vedo nudo, Il merlo maschio, Io e lui).

Tommaso deve fare i conti con una nevrosi sepolta nel passato, deve «ritrovare la gioia di vivere del bambino smarrito nel suo inconscio». Il film racconta questo lungo percorso che lo porterà a un superiore livello di maturità, iniziando da dove ci lasciò con Anche libero va bene (2005). Quel suo film d’esordio, dice Kim Rossi Stuart, era un film di pancia, questo analizza la mente di un uomo che fa un percorso di autocoscienza. «Sono partito da un tema urgente da esplorare, la ricerca di un rapporto soddisfacente, ho cercato di parlarne in modo che interessasse anche le altre persone, concentrandomi prima sulla crisi maschile e poi sulla relazione con il femminile».