Non se lo aspettava nessuno, ma a vincere il primo voto di queste primarie democratiche è stato Pete Buttigieg, 38 anni, ex sindaco di South Bend, Indiana, cittadina di 100mila abitanti. Di origini maltesi, «mayor Pete», come si faceva chiamare in Indiana, è stato eletto sindaco nel 2011 con il 74% dei voti, rieletto nel 2015 con l’80%.

Parla otto lingue tra cui quella dei segni, suona il pianoforte, ha servito in Afghanistan per sette mesi come ufficiale dell’intelligence navale nella Riserva della Marina. Si è laureato ad Harvard e ha ottenuto un master al Pembroke College dell’Università di Oxford; studiare per lui non è mai stato un problema.

Suo padre, Joseph Buttigieg, scomparso da poco, era un accademico, direttore del Dipartimento di inglese dell’Università di Notre Dame a South Bend. Tradusse e curò la prima edizione in inglese dei Quaderni del carcere di Antonio Gramsci e fu fondatore e presidente della International Gramsci Society.

Nel 2016 Pete Buttigieg ha dichiarato pubblicamente la propria omosessualità e due anni dopo ha sposato Chasten Glezman, insegnante di una scuola montessoriana incontrato tramite una app di appuntamenti. Non ci si potrebbe immaginare un candidato più specularmente opposto a Trump.

Al momento Buttigieg è lontano da The Donald: mentre scriviamo è stato scrutinato il 71% dei voti dell’Iowa ed è testa a testa con Sanders. Bernie ha vinto il voto popolare, mentre mayor Pete sarebbe in testa per numero di delegati.

Con il voto dei prossimi Stati tutto potrebbe cambiare ma il dato della sua vittoria non è trascurabile. L’ex sindaco di South Bend ha surclassato il vice presidente di Obama, Joe Biden, arrivato quarto dopo Elizabeth Warren, terza classificata con oltre dieci punti di stacco da Sanders e Buttigieg. Non è detto che il risultato si ripeta, ma non va ignorato.

Buttigieg ha vinto nelle zone più rurali della ruralissima Iowa, dove il nero Obama aveva convinto per due volte di fila e dove nel 2016 aveva vinto l’outsider Trump. Zone in cui gli abitanti si sentono i reietti e gli emarginati dal sistema e non si riconoscono in un candidato noto e di partito e dove, paradossalmente, il privilegiato e coltissimo Buttigieg viene percepito come riconoscibile.

«Parla a noi e come noi», aveva detto un supporter a uno dei suoi comizi, un uomo che a prima vista pareva arrivare da un altro pianeta rispetto alla coppia di uomini che si era appena abbracciata sul palco della palestra di una scuola di quartiere appena fuori Des Moines.

Buttigieg si definisce progressista e sostenitore del capitalismo democratico, è un moderato, ma all’interno di un partito che grazie a Sanders si e spostato decisamente a sinistra. Davanti ad Obama Buttigieg sembrerebbe un rivoluzionario.

Sull’assistenza sanitaria è a favore della copertura universale ma mantenendo la possibilità di scegliersi un’assicurazione privata; è per il dialogo tra partito democratico e sindacato e favorevole a un minimo sindacale di 15 dollari l’ora; è ovviamente per il controllo delle armi, per i diritti civili Lgtbq e delle minoranze, il diritto all’aborto, la tutela degli immigrati. Ha definito le politiche ambientali una priorità e «una questione di sicurezza».

In Iowa per molti delusi e disgustati dal radicalismo di Trump, il pacato e rassicurante Buttigieg è un rincuorante opposto. La sinistra radicale lo vede come fumo negli occhi. Come Biden, solo giovane e di questo secolo. Gli si rimprovera il voler negare agli Usa il diritto all’istruzione pubblica.

Nel piano di Buttigieg è prevista una soglia di reddito sopra la quale non si avrebbe diritto ad accedere gratuitamente all’università «per non facilitare ulteriormente i figli dei più ricchi», dice lui, ma come spiegazione sembra debole e non inserita in un quadro di cambiamento radicale. «Basta tassare i più ricchi per concedere l’istruzione pubblica a tutti», si legge sulla pubblicazione di sinistra The Jacobins.

Gli si rimprovera l’appoggio dell’amministratore delegato di Facebook Zuckerberg, preoccupatissimo da Warren e Sanders. Come favore personale, Zuckerberg ha fornito a Buttigieg curriculum dei consulenti per la campagna sui social media.

Bisognerà vedere ora il risultato del voto in New Hampshire l’11 febbraio e poi il voto afroamericano del South Carolina, il 27 febbraio, dove né Buttigieg né Sanders pare abbiano l’appoggio della comunità nera.

Dopo mayor Pete dovrà vedersela con il super Tuesday del 3 marzo, quando entrerà in gioco anche l’ex sindaco di New York Michael Bloomberg, con cui nel 2013 Buttigieg aveva condiviso il titolo di sindaco dell’anno assegnato dal sito che «presenta gli innovatori e le idee che cambiano il modo in cui funziona il governo», GovFresh.com.