Ci sono un imprenditore che vive all’estero, un dentista, un fioraio, un ferroviere, qualche insegnante. In totale sono 120. Tutti sarebbero accomunati dalla stessa furbizia, tentata e non del tutto riuscita: intascare senza averne il diritto i contributi per l’autonoma sistemazione dei terremotati, quelli che vengono dati a chi sceglie di stare in affitto invece di prendere la casetta di legno o stare in albergo.

IERI MATTINA LA GUARDIA di finanza di Camerino ha portato a termine l’operazione Anubi, il cui nome evoca la divinità egizia dalla testa di sciacallo, animale simbolo in situazioni come questa. Centoventimila euro di beni sequestrati, ma il totale di soldi che sarebbero stati sottratti con frode allo stato è più alto: 500mila euro. E la cifra potrebbe crescere ancora. «Abbiamo un’altra cinquantina di casi in corso di accertamento – spiega il comandante delle fiamme gialle Amedeo Gravina, chiarendo che l’inchiesta non è ancora finita – arriveremo a oltre 900mila euro di contributi indebitamente percepiti». I reati contestati vanno dall’appropriazione indebita alla truffa aggravata.

LA GUARDIA DI FINANZA ha indagato su chi aveva autocertificato di vivere nei comuni terremotati e di lavorare però fuori: per mesi sono stati tracciati i prelievi bancari, la posta, le prestazioni mediche e la posizione dei cellulari. Da qui la scoperta di tante situazioni oltre i limiti del consentito.

Le storie degli indagati, in verità, sono molto diverse e se alcuni degli interrogati si sono avvalsi della facoltà di non rispondere davanti agli investigatori, altri si sono giustificati dicendo di tornare spesso nell’area del cratere, dove avevano la casa per la quale avevano chiesto e ottenuto il contributo. Il quadro generale, comunque, è quello desolante dei ladri di polli: l’esempio che più salta agli occhi scorrendo gli atti è quello dell’imprenditore che vive nell’Europa dell’est e che però ha indicato un nucleo familiare di cinque persone, tra cui due anziani e due con disabilità, in modo da succhiare più soldi possibile. I guai, per lui, sono arrivati per 1.300 euro al mese incassati tra il novembre del 2016 e il febbraio di quest’anno. Oppure c’è l’uomo che affittava la propria casa a studenti universitari e lavoratori, e che dunque lì non risiedeva. E ancora: il dentista di Roma con una casa per le vacanze nell’entroterra, il ferroviere che lavora in un’altra regione e non rientra mai nelle Marche, il dipendente comunale che ha ’dimenticato’ di dichiarare l’inagibilità di uno stabile che poi ha ospitato quattro negozi delocalizzati. Tentativi di speculare sul disastro di un terremoto che ha demolito centinaia di paesi tra Marche, Abruzzo, Lazio e Umbria.

CI SONO POI ALTRE storie che, più che altro, descrivono una situazione ormai arrivata ai limiti del sopportabile: è il caso della famiglia che continuava a vivere nella propria casa inagibile e dichiarava invece di stare altrove. È anche un problema di procedure: i contributi sono stati erogati in maniera molto generosa, spesso senza fare prima alcun tipo di controllo, e i requisiti per accedervi non sono mai stati chiarissimi. Insomma, c’è chi se n’è approfittato, ma anche chi si è perso nel grande labirinto burocratico delle pratiche emergenziali post-sisma.

SUI SOCIAL NETWORK i termometri dell’indignazione hanno fatto segnare picchi altissimi, e se è vero che rubare i soldi dei terremotati non è un’azione onorevole, è altrettanto vero che in questo caso parliamo di cifre assai contenute. Lo stesso non si può dire, ad esempio, delle gigantesche operazioni urbanistiche che vengono condotte un po’ ovunque nel cratere: tra piani edilizi enormi e un incredibile fiorire di centri commerciali, qui il giro d’affari è da decine di milioni di euro e le conseguenze da un punto di vista paesaggistico e di impatto ambientale sono pressoché incalcolabili.