Anche il modello tedesco, la proposta che il Pd ha fatto circolare nelle ultime ore lasciando intendere che proveniva da Renzi, era una finta. La prova è arrivata ieri con la richiesta di rinvio di una settimana della presentazione del testo base in commissione. Doveva arrivare oggi. Lo slittamento è stato chiesto dal forzista Sisto cui si è unito Emanuele Fiano del Pd e Dore Misuraca di Ap.

La motivazione ufficiale è la più classica delle beffe, quella del «supplemento di riflessione» dopo due mesi di stop in attesa delle primarie Pd. In realtà è lo stesso Renzi a preferire un ulteriore slittamento del dibattito. Domenica a Roma l’assemblea nazionale del Pd ufficializzerà la sua elezione a segretario. Lì parlerà di legge elettorale. Ma è difficile che abbandonerà la politica dei due forni. All’indirizzo di Forza italia ha inviato il ’segnale’ del modello tedesco, 50 per cento di collegi uninominali e 50 di proporzionale con listini bloccati, ed uno sbarramento unico al 5 per cento per ’decespuglizzare’ il parlamento. Forza italia potrebbe accettare, con la prospettiva delle inevitabili larghe intese, ma comunque rallenta i tempi per evitare la tentazione renziana di voto anticipato. Eventualità del resto ampiamente impraticabile.

Convinti di strappare uno sbarramento più basso, gli ex bersaniani di Art.1 e gli alfaniani non sono contrari al tedesco. Contrarissimo invece il M5s che al Pd propone un altro film: l’abbassamento della soglia del premio di maggioranza dal 40 al 35 per cento. Renzi non ha rifiutato: trasformerebbe il voto in un rodeo fra Pd e 5 stelle. E lui conterebbe sulla propaganda del ’voto utile’.
Ma da un forno all’altro, il vero obiettivo di Renzi è dimostrare al Colle che in quella valle di trappole che è il parlamento non c’è la possibilità di andare oltre il minimo sindacale: un aggiustamento della legge attuale, il ’Legalicum’ (cioè l’Italicum corretto dalla Consulta). A scopo intimidatorio ieri è circolata anche l’ipotesi di un decreto del governo. «Sarebbe un atto eversivo, un colpo di stato», hanno strillato grillini. Ma è solo un’altra messa in scena: in materia elettorale la legge non consente decreti.