Le Nazioni unite e la Croce rossa internazionale hanno confermato l’arrivo a Zaporizhzhia di 127 civili evacuati dall’acciaieria Azovstal, a Mariupol. Erano attesi da ieri, ma come confermato dalla Croce rossa internazionale si è trattato di un’operazione molto complessa e delicata.

IL CAPO DELLA DELEGAZIONE, Pascal Hundt, ha dato voce alla speranza di portare via da «questo inferno» dove «le persone intrappolate hanno vissuto un orrore inimmaginabile» più civili intrappolati, pur ammettendo di non sapere quanti civili siano ancora presenti nel gigantesco complesso siderurgico.

E per l’ultima roccaforte delle forze militari ucraine nella città portuale le ore ormai sembrano contate: ieri la Russia ha cominciato una potente operazione con l’ausilio di carri armati e l’obiettivo di porre fine per sempre alla resistenza di Mariupol.

Il comandante della 12esima brigata operativa della Guardia nazionale ucraina Denis Schlega, che si trova nell’impianto, ha dato conto a un’agenzia di stampa ucraina di una strenua resistenza ma la verità è che di quanto sta accadendo lì non esiste alcuna certezza, se non l’aumento degli attacchi russi, il cui risultato, secondo il comandante del controverso reggimento Azov, sarebbe il ferimento di almeno dieci civili.

NON UN NUMERO ALTISSIMO ma che può diventare letale in un complesso, quello di Azovstal, nel quale nei giorni scorsi i russi avevano devastato l’ospedale di emergenza. Secondo il comandante le forse russe avrebbero bombardato tutta la notte l’impianto siderurgico con carri armati e truppe di fanteria e con l’ausilio di navi, chiedendo misure immediate per evacuare i civili dall’accaieria in territori controllati dall’Ucraina. Poco prima la Guardia nazionale ucraina aveva annunciato la morte di due donne civili in seguito ai bombardamenti dell’esercito russo avvenuti la scorsa notte.

LA NOTTE E LA GIORNATA di Mariupol dimostrano come la Russia sia determinata ormai a «portare a casa» almeno un risultato, ovvero quello che Putin, nel caso, presenterà come la prima ed effettiva «denazificazione» del paese considerando Mariupol come la città «base» del reggimento Azov.

Sulle possibilità di giungere a un accordo su Mariupol e più in generale sulla guerra c’è stata un’altra telefonata tra il presidente francese Macron e Putin, la nona dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina.

Secondo quanto comunicato dall’Eliseo Macron ha chiesto al presidente russo di «permettere il proseguimento delle evacuazioni della Azovstal», esprimendo la sua «disponibilità nel lavorare con le organizzazioni internazionali competenti per contribuire a togliere il blocco russo delle esportazioni di derrate alimentari ucraine attraverso il Mare Nero» per far fronte alle «conseguenze sulla sicurezza alimentare mondiale» (a questo proposito Putin ha risposto sottolineando che la situazione «in questa materia è complicata a causa delle misure sanzionatorie dei paesi occidentali».

IL PRESIDENTE FRANCESE avrebbe poi chiesto all’omologo di «essere all’altezza delle sue responsabilità di membro permanente del Consiglio di sicurezza mettendo un termine a questa aggressione devastatrice». Sulla versione di Putin, sembra di trovarsi di fronte al consueto copione: da un lato Mosca sarebbe disposta a negoziare ma gli ucraini no, dall’altro il Cremlino ha invitato Macron a convincere gli alleati a non inviare più armi, se davvero vogliono la fine della guerra.

Ha poi ribadito le consuete convinzioni russe circa le violenze degli ucraini nei confronti della minoranza russofona presente in Ucraina ignorate completamente, a suo dire, da parte dell’Unione europea (tra l’altro il parlamento di Kiev ha approvato una nuova legge che vieta i partiti politici che «giustificano, riconoscono o negano l’aggressione armata della Russia contro l’Ucraina»).

A PROPOSITO DI UE, Budapest ha risposto alla notizia secondo la quale sarebbe stata informata in anticipo dell’invasione russa in Ucraina (affermazione fatta dal capo del Consiglio di sicurezza ucraino, Oleksiy Danilov). Il portavoce del governo ungherese, Zoltan Kovacs, ha specificato che «il 3 aprile, gli ungheresi hanno deciso che l’Ungheria non avrebbero spedito armi in Ucraina. Sebbene comprendiamo che Kiev non accolga con favore la nostra decisione, diffondere notizie false e inventare bugie non cambierà la nostra posizione».