La Gran Bretagna attraversava ieri il primo anniversario dall’imposizione del lockdown. Il passaggio è stato rimarcato da un minuto di silenzio in mattinata in memoria delle 126mila vittime finora accertate dall’inizio della pandemia e la sera, con l’esibizione di candele sugli usci delle case. Boris Johnson ha tenuto una conferenza stampa in cui ha vigorosamente affermato di voler «finire» il lockdown una volta per tutte. «Siamo cautamente ma irreversibilmente» sul sentiero della libertà, non ha mancato di proclamare.
La navigazione si va dunque stabilizzando, ma la rotta resta aspra. Le cifre delle morti settimanali per coronavirus in Inghilterra e Galles sono le più basse da ottobre, Londra compresa. Sabato scorso sono state somministrate oltre ottocentomila prime e seconde dosi, 700mila in più del giorno prima. Con la vaccinazione della popolazione al galoppo – e sempre più corroborato dalla scintillante irrilevanza del partito laburista -, Johnson vede magicamente riconsolidarsi quella stessa premiership solo qualche mese fa in via di liquefazione dopo l’eccessivamente disinvolta – e lenta – prima reazione sua e del suo governo all’emergenza.
Improvvisamente, il caos di marzo-aprile scorsi sbiadisce, soprattutto a voler confrontare la percorribilità della via britannica al vaccino con quella dell’Unione Europea. Se non fosse per le proteste contro il lockdown, che proseguono, non solo a Londra nel weekend: anche a Bristol ci sono stati violenti scontri con la polizia. La frustrazione dopo un anno di cordone sanitario attorno alla propria vita è palpabile, diffusa. Resta da verificare quanto i miracolati indici di gradimento del governo resisteranno alla futura inchiesta sull’operare del medesimo proprio di questi giorni l’anno scorso.