«Non so dire se la scrittura è cambiata dopo il terremoto. Ma passo molte ore al giorno cercando notizie per occuparmi di ciò che succede, grazie alle informazioni dal basso». Silvia Ballestra, anche se vive a Milano, resta «connessa» soprattutto con le sue Marche alle prese con lo sciame burocratico del sisma.

Ha pubblicato Vicini alla terra (Giunti, 12 euro) e partecipato volentieri venerdì al festival a San Lorenzo di Fiastra: «Questo è un territorio storicamente fuori dai grandi collegamenti e quindi abbastanza sconosciuto. Delle Marche spesso si sa poco o nulla, a maggior ragione del dopo terremoto. Poi magari al Salone del libro di Torino ritrovi la gente della Protezione civile piemontese e ti arrivano email dal Friuli che è rimasto l’unico esempio virtuoso nella gestione di questo tipo di emergenze».

La scrittrice Silva Ballestra
La scrittrice Silva Ballestra

 

Qual è stata l’esperienza «sul campo»? Come matura il racconto di storie, luoghi, vite un anno dopo la Grande Scossa?

Devo premettere che nell’area del cratere al confine fra Marche e Umbria ho visto subito un problema enorme. Prima di Natale ho cominciato a girare fra paesi, borghi e frazioni deserti: la gente dell’Appennino era stata «deportata» al mare.

Avevo sentito la scossa di agosto, mentre quella di ottobre l’ho vissuta da Milano. Il coinvolgimento emotivo mi ha dato lo slancio per scrivere il libro: paradossalmente, vivendo lontano volevo stare più vicina.

Ma non riuscivo a trovare notizie se non in rete, mentre tornare qui conoscendo questi territori pesava. Tuttavia, credo sia indispensabile lo storytelling dal basso per restituire una realtà altrimenti dimenticata, marginale, perfino tuttora sommersa dalle macerie e con 20 geometri che devono controllare 18mila edifici.
La chiave narrativa degli animali terremotati schiude la porta interpretativa alla «strategia dell’abbandono» che viene imputata alla politica?

Ho preso le mosse in particolare da twitter con i racconti dei volontari impegnati nel soccorso agli animali. E poi ho seguito le vicende del canile dell’Enpa a Camerino con altro materiale, in particolare video.

Nell’immediatezza della prima scossa bisognava aiutare i proprietari a trovare i loro animali dispersi. Poi occorreva gestire stalle, allevamenti, aie, mentre la gente era finita lungo la costa. È davvero agghiacciante in queste zone di montagna sentire come unici rumori cani e gatti, ultime sentinelle di tanti borghi.

Qui con il terremoto si è realizzata forse per la prima volta al mondo un’operazione su larga scala per gli animali: ho cercato di verificare il precedente dell’uragano Katrina e in realtà lì persone sono morte proprio per non volersi separare dagli animali.

Infine, quando avevo già spedito il libro all’editore, è arrivato il nevone: 140 centimetri che hanno sommerso tutto e tutti. Ma i riflettori erano puntati su Rigopiano. E qui, invece, diventava chiaro che le stalle d’emergenza pur ordinate non erano mai state consegnate. Proprio come le casette di legno per le persone…

C’è stato anche un terremoto dell’informazione?

Già dopo pochi giorni il sisma è scivolato dietro il referendum o le elezioni Usa. Nelle Marche, poi, non c’erano stati morti: per giornali e tv, quindi, non c’era notizia. Ma per chi vuole notizie «Terre in moto» o il blog di Loredana Lipperini sono stati fondamentali quanto i social.

Le informazioni dal basso diventano l’antidoto alla propaganda politica, come per il centro commerciale formato deltaplano di Castelluccio o la semina aerea dei campi di lenticchie garantita da chi non ha la più pallida idea di come funziona l’agricoltura.

Ecco: perfino i giornali locali sembrano aver abdicato a una funzione minimamente critica, addirittura in un contesto sempre più delicato in cui ci si gioca il futuro di migliaia di persone.