In un altro paese europeo sarebbe una storia come tante. Qui da noi, in Italia, è invece la storia di una famiglia che per i vicini di casa, per la scuola, per i colleghi di lavoro, perfino per il panettiere sotto casa è come ogni altra famiglia.

Uguale alle altre per tutti, ma non per lo Stato. La storia di un amore tra due persone, due uomini, che come ogni coppia a un certo punto del loro percorso sentono la necessità di non essere più soli, di avere qualcuno a cui trasmettere e con cui condividere il loro amore. Di avere un figlio. Ed è la storia di una nonna, che anche lei è nonna a tutti gli effetti per tutti tranne, appunto, per lo Stato.

Insieme formano una di quelle famiglie allargate che da tempo si definiscono arcobaleno, perché proprio come le sorprese che ti riserva la vita anche i sentimenti possono essere tanti e non sono mai di un colore solo, quello dell’eterosessualità.

«Come mamma di un figlio omosessuale anni fa non avrei mai pensato che un giorno sarei stata nonna» racconta Claudia Della Seta, un’adolescenza vissuta a Roma negli anni ’70, un padre comunista, le prime battaglie femministe. Poi il lavoro di attrice (ha girato, fra gli altri, con Moretti e Virzì) e in seguito, lei di origine ebrea, la scelta di vivere in Israele.

«Mio padre era un funzionario del Pci ed era decisamente filopalestinese», ricorda. «Per questa sua posizione eravamo visti con sospetto dagli ebrei. Poi, quando decisi di trasferirmi a Tel Aviv, molti miei amici della sinistra romana non capirono, vissero questa decisione come un tradimento. Per questo diciamo che in famiglia siamo abituati ad essere considerati diversi».

In Italia ci sono almeno mille famiglie arcobaleno, riunite nell’associazione omonima, con più di 300 bambini.

Una realtà consistente ma finora completamente ignorata dallo Stato che fatica a riconoscere a queste coppie gli stessi diritti di quelle eterosessuali. Al punto che il ddl Cirinnà sulle unioni civili, in discussione al Senato ma bloccato da mesi dall’ostruzionismo di Ncd, Lega e una parte consistente di Forza Italia, per quanto unanimemente considerato una buona mediazione tra le varie parti, esclude ancora le famiglie arcobaleno da una serie di importanti diritti. Come, ad esempio, la possibilità per i figli frutto della Gestazione per altri (Gpa) di essere inseriti nell’asse ereditario visto che viene riconosciuta la legittimità di solo uno dei due genitori. Quello escluso, e con lui la sua famiglia, per la legge non esistono.

Cinque anni fa il figlio di Claudia, Dylan Tripp, comincia a parlarle della possibilità di avere un bambino attraverso la Gestazione per altri. Dylan ha 39 anni e da otto convive a Roma con i suo compagno. «Non so come avrei reagito se non avessi già conosciuto tante esperienze simili», racconta Claudia. «In Israele le famiglie omogenitoriali sono una realtà ormai comune. Ho aiutato a crescere tanti bambini di amici omosessuali, quindi ho avuto modo di conoscere questa realtà non sui libri, ma nella vita di tutti i giorni. Ho visto crescere questi ragazzi compleanno dopo compleanno senza problemi e oggi molti di loro andranno all’università. Tutto questo mi ha resa più aperta, e quando Dylan mi ha comunicato la loro decisione ero pronta».

La bambina di Dylan e del suo compagno nascerà tra poco più di un mese, a gennaio. Sarà il momento conclusivo di un percorso lungo, cominciato due anni fa a Los Angeles, in California. «La donna che mi darà una nipote è una signora afroamericana che ha già diversi figli suoi – spiega Claudia -. Dylan e il suo compagno l’hanno conosciuta attraverso un’agenzia. Si sono incontrati, hanno parlato, anche con la donatrice. Hanno scelto di fare la Gpa in America proprio perché non ci fosse mai il dubbio che sfruttavano una persona povera».

In Italia la legge 40 non consente la gestazione per altri. Ma nonostante questo destre e integralisti cattolici hanno scatenato una battaglia dai toni durissimi per cancellare dal ddl Cirinnà anche la cosiddetta stepchild adoption, la possibilità di adottare il figlio biologico del partner. Resistenze che, però, non appartengono solo alla parte più conservatrice della società. «Torno spesso a Roma e mi capita di parlare con amici progressisti, quelli che definiresti “dalla parte giusta” e mi rendo conto che su questo argomento, la gestazione per altri, ci sono ancora troppi muri», confida Claudia. «Nessuno ti dice apertamente di essere contrario, però senti che la considerano anche loro una cosa brutta. Ti fanno domande del tipo: “Ma come, tu affitti l’utero di una donna?”. Io rispondo che non è così. Spiego che la Gpa viene praticata soprattutto dalle coppie eterosessuali che non possono avere figli, come mai però finora nessuno ha detto niente? Perché l’utero della donna, del quale per secoli non è importato niente a nessuno, solo adesso è diventato sacro, ora che alla Gpa fanno ricorso anche le coppie omosessuali?. Israele è un paese con mille problemi, dove il governo fa delle cose terribili, ma per tanti motivi è molto più avanzato. Dell’Italia invece mi ha sempre colpito la nostra ipocrisia: la donna va protetta solo se si parla di come utilizza il suo utero, non nei casi di femminicidio. Non me la bevo: o siamo importanti sempre o non lo siamo mai. Credo invece che le donne che prestano il proprio corpo perché altre coppie possano avere un bambino compiano un gesto di amore».

Un gesto di amore che però rischia di essere dimezzato una volta varcato il confine italiano, con un genitore messo all’angolo dalla legge. E che, in caso di morte del partner, allo stato attuale delle cose si vedrebbe portare via il figlio, come un estraneo. «Mia nipote potrebbe essere tolta in qualsiasi momento alle persone che l’hanno cresciuta», si indigna Claudia. «Una bambina voluta da mio figlio e dal suo compagno, ma che tutti noi condividiamo e aiuteremo a crescere. Se però dovesse succedere qualcosa verrebbe tolta a uno dei suoi genitori e data in adozione a degli sconosciuti. Che logica ha tutto questo?».

Una delle opposizione fatte alle famiglie arcobaleno e che la “vera” famiglia sarebbe quella naturale, composta da un uomo e una donna. La vostra è dunque una famiglia innaturale? «La natura ha previsto l’omosessualità», risponde decisa Claudia. «C’è una cantante transgender israeliana che si chiama Dana International. Più di dieci anni fa vinse l’Eurofestival e in quell’occasione disse: “Io sono stata creata da Dio e Dio non fa errori”. Ecco ai cattolici che dicono di difendere la famiglia io dico che se Dio ha creato le persone omosessuali, forse dovremmo riuscire a capire perché esistono. E’ semplice, no?».