Mentre proseguono i negoziati ufficiali, domenica ha avuto inizio il People Summit, ovvero il controvertice organizzato da movimenti e società civile che vede la partecipazione di migliaia di persone da tutto il mondo e centinaia di eventi sparsi per Glasgow, ospitati da spazi sociali, cinema e persino parrocchie.
Non si fermano neanche le proteste, come quella che domenica ha radunato un centinaio di sostenitori della campagna StopCambo, nata recentemente in Scozia contro lo sviluppo di un nuovo giacimento di petrolio e che potrebbe presto ricevere l’approvazione del governo britannico.

Oltre agli attivisti locali, ce n’erano da tutta Europa, in particolare Olanda, Francia e Belgio, ma anche dall’Indonesia e dalle Filippine. Durante l’azione hanno condiviso storie di lotte contro l’industria fossile nei loro paesi. Gli interventi sono stati scanditi a ritmo di barili, trasformati per l’occasione in tamburi con la scritta #StopCambo, che accompagnavano i cori rivolti a Boris Johnson e ai rappresentanti del suo governo, impegnati nel summit ufficiale.

Tantissime le iniziative organizzate finora dalla rete StopCambo. Mercoledì scorso, in occasione del 75° anniversario del primo barile di greggio prodotto dal Regno Unito, gli attivisti si sono radunati in una delle vie principali di Glasgow e una di loro, travestita da regina d’Inghilterra, ha chiuso simbolicamente i rubinetti del petrolio. Il mese prima, per le vie di Londra, era apparsa una statua di Boris Jonhson ricoperta di oro nero.

Se fino a qualche tempo fa licenze come queste venivano approvate di routine, oggi la situazione sembra molto cambiata: “nei mesi scorsi in Scozia la consapevolezza degli impatti dei combustibili fossili è cresciuta tantissimo e la forza di questa campagna lo dimostra” ci racconta Kate Whitaker, una delle attiviste di StopCambo. “Appena saputo del progetto, abbiamo organizzato una serie di incontri tra organizzazioni della società civile e attivisti e ci siamo immediatamente messe in moto”.

Situato a 125 chilometri dalle isole Shetlands e nascosto a mille chilometri di profondità sotto il Mare del Nord, si stima che il giacimento Cambo possa contenere 800 milioni di barili di idrocarburi, la cui produzione potrebbe andare avanti per almeno 25 anni. La licenza è detenuta dall’olandese Shell congiuntamente con Siccar Point Energy, il cui principale azionista è il fondo di investimento Black Rock.

Il Segretario scozzese del governo britannico, Alister Jack, ha espresso totale supporto per Cambo, affermando che sarebbe da stupidi pensare che la Scozia possa improvvisamente abbandonare il petrolio. Non ha invece ancora preso posizione il premier Boris Jonson, forse per non attrarre cattiva pubblicità mentre i riflettori della COP sono puntati sul suo esecutivo.

I proponenti dicono di voler prendere tutte le misure necessarie per ridurre gli impatti ambientali, che lo sviluppo di Cambo contribuirà alla sicurezza energetica del Regno Unito e genererà mille posti di lavoro. Si tratta di una narrazione falsa, ribattono gli attivisti “perché causerebbe emissioni di gas serra equivalenti a quelle di 18 centrali a carbone e per questo va contro gli impegni sul clima del Regno Unito”. Per quanto riguarda i posti di lavoro “tutti i contratti assegnati finora sono andati a società estere e i risvolti domenistici saranno minimi”.