La Corte Suprema ha consentito alla terza versione del MuslimBan, detta TravelBan perché non riguarda solo cittadini musulmani, di entrare in vigore; la decisione è una vittoria per Trump dopo il fallimento di questa estate, quando i giudici avevano respinto la seconda versione del bando.

Per ora, secondo l’editto di Trump, alla maggior parte dei cittadini di Iran, Libia, Siria, Yemen, Somalia, Ciad e Corea del Nord verrebbe impedito di entrare negli Stati uniti, insieme ad alcuni gruppi di persone provenienti dal Venezuela.

QUESTA È LA PRIMA VOLTA che i giudici permettono a una versione del divieto di andare avanti ed è il segno che alcuni di loro segnalano una differenza tra l’ultima versione del bando (il TravelBan o Ban 3.0) e le versioni precedenti, rendendo più probabile, in futuro, esprimersi a favore del divieto. La differenza nasce dal fatto che questo Ban coinvolge anche paesi non di religione musulmana; non si profila quindi un’esclusione su base islamofoba, ma per «ragioni di sicurezza nazionale».

Resta sempre un dato bizzarro, quello per cui l’Arabia Saudita è esclusa dal bando, nonostante sia il paese coinvolto nell’attacco del 9/11. La decisione della Corte significa inoltre che l’amministrazione Trump ora può applicare le sue nuove restrizioni che variano nei dettagli, ma che per la maggior parte dei casi impediscono ai cittadini dei paesi coinvolti di emigrare negli Usa in modo permanente: a molti verrà impedito di lavorare, studiare o semplicemente andare in vacanza negli Usa.

I distinguo sull’applicazione del Ban stato per stato, rende – se possibile – la situazione ancora più complessa e confusa: l’Iran, ad esempio, sarà ancora in grado di inviare i suoi cittadini per scambi di studenti ma solo dopo controlli più rigidi rispetto a quelli a cui vengono sottoposti gli studenti di altri paesi; ai somali, invece, non sarà più permesso emigrare negli Stati uniti, ma potranno visitarli dopo controlli supplementari. A causa del caos che sicuramente questo bando genererà, l’account Twitter @NoBanJFK è stato riattivato, così come il contatto email jfkneedalawier@gmail.com e il numero di telefono di emergenza per chi, giunto all’aeroporto newyorchese Jfk, dovesse avere problemi.

GLI ORDINI della Corte suprema hanno rimescolato le carte ma non è chiaro quando e come il bando entrerà in vigore. Un giudice delle Hawaii, la corte minore più rigida contro il bando in ogni sua versione, ha bloccato l’entrata in vigore del divieto ma non per il Venezuela e la Corea del Nord; una giuria composta da tre giudici della nona Corte d’appello del circuito degli Stati uniti, però, ha parzialmente revocato l’ordine; la corte d’appello ha permesso l’entrata in vigore del divieto, facendo però eccezione per i cittadini stranieri che hanno rapporti di «buona fede» con persone o entità negli Stati uniti.

IN UN’ALTRA SFIDA portata avanti in Maryland per il progetto di assistenza internazionale per i rifugiati, il giudice distrettuale Theodore D. Chuang ha emesso un ordine simile riguardo i rapporti con le entità Usa, che serve a tutelare i richiedenti asilo indipendentemente dalla loro provenienza. Chi salverà i parchi nazionali americani dalle avide grinfie trivellatorie di questa amministrazione invece non è chiaro. Trump in Utah ha firmato proclami per ridurre drasticamente le dimensioni di due parchi nazionali: Bears Ears, e Grand Staircase-Escalante.

QUESTA MOSSA è funzionale all’aprire milioni di acri di terra protetta, all’estrazione di petrolio e gas, ad attività minerarie, disboscamento e altre attività commerciali. La decisione di ridurre i parchi è stata presa a cuor leggero proprio mentre la California continua – da mesi – a bruciare. Gruppi di nativi americani e ambientalisti hanno promesso di combattere la mossa in tribunale e la battaglia legale potrebbe alterare il corso della conservazione della terra negli Stati uniti, mettendo a rischio dozzine di altri parchi e aprendo all’estrazione di petrolio e gas, all’estrazione mineraria, al disboscamento, quelli che sono considerati monumenti nazionali.

«ALCUNE PERSONE pensano che le risorse naturali dello Utah dovrebbero essere controllate da una manciata di burocrati molto distanti situati a Washington», ha detto Trump, parlando al Campidoglio dello Utah, mostrando tutta la sua retorica liberista.

Il problema è che al momento, nonostante la sua Casa bianca sia sotto pressante attacco da parte di Mueller, il congresso repubblicano, malgrado le altisonanti dichiarazioni indignate che esprime di volta in volta, pur di non perdere il potere riacquistato, alla fine, torna sempre a denti più o meno stretti a capo chino intorno al leader. Lo dimostra la sospensione della messa al bando delle bombe a grappolo posticipata dal Pentagono a tempo indeterminato senza che nessuno al Congresso dicesse nulla, e lo dimostra clamorosamente la giravolta del partito che, dopo aver attaccato Roy Moore, candidato repubblicano al senato dell’Alabama e accusato in modo circostanziato di pedofilia, quando questo ha ricevuto l’endorsement di Trump, ci ha ripensato, decidendo di sostenerlo.