Il discorso politico in Spagna si è pericolosamente spostato a destra. Le nuove elezioni che si svolgeranno domenica non saranno la ripetizione di quelle di sei mesi fa: la destra è sempre più forte, con Vox dato pericolosamente in rimonta, il Pp in ripresa sotto la leadership di Pablo Casado, un partito che sei mesi fa aveva ottenuto i peggiori risultati della sua storia. Ma a fronte di una caduta libera – secondo tutti i sondaggi – di Ciudadanos, vittima dei suoi toni sempre sopra le righe, della sua ossessione sul tema catalano, e della sua politica ondivaga, il problema sarà ancora una volta a sinistra. Il partito socialista è ormai saldamente ancorato a una piattaforma molto più conservatrice.

Se sei mesi fa era chiaro il patto di non aggressione mutua fra Unidas Podemos e Psoe, stavolta il presidente Sánchez in tutti i dibattiti si sforza di mettere in evidenza le differenze con i viola, così tentando di giustificare di fronte ai suoi elettori la decisione di riportare il paese a nuove elezioni per non aver voluto accettare la coalizione rosso-viola. Il problema, però, non è solo la dubbia strategia di andare alla guerra a sinistra scelta da Sánchez, con l’implausibile scusa di chiedere il voto per poter governare da solo senza dipendere da nessuno (ormai una chimera in Spagna). Il vero problema è che i socialisti non fanno più neppure finta di chiedere il voto su una piattaforma di sinistra, il che renderà l’alleanza con Podemos assai più difficile.

Qualche giorno fa è scoppiata la polemica perché i socialisti avevano fatto scomparire dal programma elettorale il riferimento alla Spagna plurinazionale, a parole un punto fermo nei programmi del partito da anni. Poi avevano fatto marcia indietro con la scusa che era solo una versione preliminare del programma.

Ma la situazione non è migliorata: ormai i toni sono assolutamente allineati alla destra, propongono di fare una legge per castigare chi fa un referendum, hanno approvato per decreto un provvedimento che può tagliare internet «per ragioni di ordine pubblico», addirittura lunedì Sánchez ha promesso che farà riportare Puigdemont in Spagna per sottometterlo a un processo. Ora, tecnicamente l’ex president catalano non è un «profugo della giustizia», dato che si è sempre messo a disposizione delle autorità giuridiche del paese in cui risiede, il Belgio, che ha respinto un ordine di cattura europeo (un secondo era stato annullato dagli stessi magistrati spagnoli per timore che i colleghi belgi non credessero alla fantasiosa ricostruzione di un ipotetico «colpo di stato») e deve decidere su un terzo. La questione è che persino i magistrati spagnoli, tipicamente non certo su posizioni progressiste, hanno alzato la voce difendendo l’autonomia del potere giudiziario, anche quella dei pubblici ministeri, che invece Sánchez ha spiegato dipendere dall’esecutivo (così ha giustificato la sua incredibile promessa elettorale).

Ma la cosa davvero più preoccupante è che ormai Vox, per legge, non può essere escluso dai dibattiti elettorali, e vari suoi esponenti partecipano nei numerosi programmi dedicati al voto, difendendo senza mezze misure e con una buona dose di approssimazioni grossolane e bugie sfacciate posizioni apertamente fasciste. Che poi inseriscono nei video elettorali (un paio sono stati denunciati per crimini d’odio). Uno dei temi che gli esponenti di Vox hanno sdoganato è quello della giustificazione alla xenofobia.

Con la scusa di essere contrari all’immigrazione illegale, nelle ultime settimane attaccano senza pietà i cosiddetti mena, i minori non accompagnati, cioè bambini e bambine che si trovano in Spagna senza famiglia, in centri d’accoglienza specifici, assieme a tutti gli altri minori tutelati dal sistema di protezione ufficiale. Ovviamente, sono centri per accompagnare tutti questi sfortunati giovani soli. Ma con la scusa di qualche sporadico caso di piccole delinquenze, Vox ha lanciato una guerra senza quartiere contro i bambini immigrati.

Ebbene, di fronte a questa e altre barbarità, in diretta televisiva e in orari di massima audience, gli altri partiti tacciono. Per non dargli protagonismo, per non entrare in acque pantanose. Ma il risultato è che ora anche in Spagna il discorso delle destre più reazionarie è entrato ad avvelenare il discorso politico. E purtroppo ci rimarrà.