Il Nadef approvato con soli tre voti in più della maggioranza assoluta, mentre si delinea meglio la manovra del «coraggio» – Conte dixit – che avrà nella lotta all’evasione il pezzo forte e la Digital tax come «componente».
Nel puzzle che andrà a costruire la legge di Bilancio la giornata di ieri ha fatto registrare l’incastro di parecchie tessere con il premier Conte che al Tg3 annuncia: «Siamo entrati nel vivo della manovra, ho raccomandato coraggio soprattutto nella lotta all’evasione», e su questo tema promette: «Ogni euro che recupereremo sarà un euro da destinare ai nostri figli nelle scuole, ai malati negli ospedali, a chi utilizza le infrastrutture e a ridurre le tasse. Essere onesti conviene».

ALL’ORA DI PRANZO anche a Conte è venuto qualche brivido lungo la schiena, come a tutta la nuova maggioranza. La Camera ha infatti approvato la risoluzione M5s-Pd-Italia Viva-Leu sulla Nota di aggiornamento al Def con 318 sì (contrari in 194), solo tre voti in più della la maggioranza assoluta richiesta per questo provvedimento. Poco prima, l’aula aveva approvato con un voto in più l’altra risoluzione di maggioranza sullo spostamento del pareggio di bilancio.

Il brivido sentito forte e chiaro è stato causato dalle tante assenze nei partiti di maggioranza: ben 14 deputati M5s (più 10 pentastellati in missione), 5 nel Pd («giustificati» spiegano dal gruppo), un deputato ciascuno di Leu e Italia Viva. Un voto che preoccupa i partiti di maggioranza, in particolare Pd e Italia Viva che puntano il dito sulle assenze M5s: «Se tutti avessero fatto come loro adesso sarebbe stata crisi di governo».

NON HA ASSISTITO AL VOTO il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, che era in Lussemburgo all’Ecofin. Da dove ha comunque fornito notizie sulla manovra. A cominciare dalla digital tax: «Noi la fermo entrare in vigore dal primo gennaio, è uno dei componenti della manovra», ha annunciato, implicitamente accusando il governo precedente di non averla voluta fare. La misura «c’era ma non operativa», ha spiegato Gualtieri, precisando che «non vogliamo solo la digital tax italiana ma vogliamo che sia collocata dentro una misura definita sul piano internazionale». «Noi faremo comunque la nostra, ma siamo parte attiva del negoziato che proseguiremo a Washington al G20», annunciando poi che è «in dirittura d’arrivo anche la Tobin tax» europea sulle transazioni finanziarie, voluta «dai paesi che partecipano alla cooperazione rafforzata».

La Digital tax fu infatti inserita nella manovra approvata a fine 2018 dalla maggioranza Lega-M5S: prevedeva una «nuova imposta» del 3% sui ricavi delle grandi imprese del web. Nel 2019 la misura avrebbe dovuto portare 150 milioni di euro nelle casse dello Stato, ma non è mai partita: è rimasta congelata in attesa del decreto attuativo. Con ogni probabilità, la misura si baserà su quella ora in stand by che, sulla falsariga delle web tax francese e spagnola, si applicherebbe alle società con oltre 750 milioni di ricavi all’anno nel mondo, di cui almeno 5,5 in Italia, dunque i giganti del web. Dopo i 150 milioni del 2019, il bilancio gialloverde prevedeva che il gettito salisse a 600 milioni per il 2020 e 2021. Ma sono possibili aggiustamenti verso l’alto.

Gualtieri ha poi detto che la commissione europea – nella persona del commissario uscente Moscovici – ha riconosciuto «l’impianto riformatore» espresso nella Nadef su vari filoni: contrasto all’evasione, investimenti, sostenibilità, gli interventi per rilanciare l’occupazione femminile, e quelli sugli asili nido. Crediamo che la filosofia della manovra sia stata ben compresa». In generale il ministro ha detto che «dobbiamo abituarci a una dimensione più di routine sul confronto con Bruxelles: la Commissione discute con tanti altri Paesi, ma in Italia si è sviluppata una passione per questo aspetto. Il mio obiettivo è rendere questo esercizio noioso, vediamo se ci riuscirò», ha concluso.

Sempre ieri il suo viceministro (sempre Pd) Antonio Misiani ha chiuso un accordo con la Conferenza delle Regioni che prevede come in manovra ci sia un aumento di 2 miliardi al Fondo sanità, giudicato «il più alto dal 2014».

IN LEGGE DI BILANCIO saranno poi prorogati ecobonus e cedolare secca. Resta confermato anche il sisma bonus, mentre verrà rifinanziato e migliorato l’accesso al Fondo Piccoli Comuni rendendo «ancora più veloce la realizzazione degli interventi già cantierabili».