Il discorso di Trump alla 74esima Assemblea Generale dell’Onu passa alla cronaca come una delle migliori performance del sovranismo populista di questo secolo, con delle radici ben piantate in quello scorso: «Il futuro non appartiene ai globalisti, il futuro appartiene ai patrioti – ha detto il presidente Usa dalla pedana del simbolo globale più riconoscibile del multilateralismo – Il mondo libero deve abbracciare le sue basi nazionali, non deve tentare di cancellarle o sostituirle».

QUESTO PASSAGGIO ha segnato la semantica profonda di tutto l’intervento, in cui The Donald è stato coerente alla sua astoricità e alla proiezione verso un passato autoritario e rigido, base fondante del suo Make America Great Again.

Tutto questo mentre anche Nancy Pelosi si dichiarava favorevole e pronta a procedere all’impeachment per la telefonata «ucraina» i cui contenuti Trump ha promesso di rivelare domani.

Nei vari passaggi del suo intervento all’Onu non sono mancati avvertimenti a Cina e Iran; il tycoon ha lamentato l’adesione della Cina all’Organizzazione mondiale del commercio e ha accusato Pechino di giocare a commettere abusi, ma «per quanto riguarda l’America, i giorni degli abusi giorni sono finiti speriamo di poter raggiungere un accordo vantaggioso per entrambi i Paesi, ma come ho spiegato molto chiaramente, non accetterò un cattivo affare per il popolo americano».

Riguardo Hong Kong Trump ha fatto sapere di seguire le mosse cinesi nella gestione della crisi: «Il mondo si aspetta che il governo cinese rispetti i trattati e protegga la libertà e il sistema democratico dell’ex colonia britannica». Va ancora peggio per l’Iran, definito da Trump «una delle maggiori minacce alla sicurezza» per le nazioni amanti della pace, e contro il quale le sanzioni emesse dopo averlo incolpato di un attacco a un impianto petrolifero saudita, non sono negoziabili: «Fintanto che il comportamento minaccioso continuerà, le sanzioni non saranno revocate, saranno inasprite. Nessuna nazione responsabile dovrebbe finanziare la sete di sangue dell’Iran».

CIÒ CHE QUESTA CASA BIANCA vorrebbe è formare una coalizione internazionale per bloccare le «attività maligne» dell’Iran in Medio Oriente. «Il mondo deve venire a patti con le ambizioni dell’Iran e contrastarle, o la Mezzaluna iraniana diventerà presto una luna piena», aveva detto il giorno prima Brian Hook, rappresentante speciale degli Usa per l’Iran.

All’Onu, però, dopo l’attacco, Trump ha avuto per Teheran un passaggio apparentemente più conciliatorio, affermando che gli Usa sono pronti ad abbracciare un percorso di amicizia con coloro che la cercano, e di «non avere mai creduto in nemici permanenti».

Non ha fatto eccezione per il Venezuela al quale Trump ha dedicato un attacco diretto e senza appelli nei confronti del suo leader, Nicolas Maduro, definito un «burattino cubano», per poi passare ad un altro nemico correlato, il socialismo «distruttore di nazioni e distruttore di società», che, a detta di Trump, non riuscirà mai ad affermarsi in Usa.

SONO LONTANI GLI ATTACCHI al leader nord coreano con il quale ora Trump è in perfetta sintonia, così come l’intonazione enfatica dei primi due discorsi tenuti all’Onu, ed è stato con voce monocorde che Trump si è scagliato contro un nuovo nemico, i social media, e più ancora con le società di piattaforme social.

«Un numero limitato di piattaforme di social media sta acquisendo un potere immenso su ciò che possiamo vedere e su ciò che possiamo dire. Una classe politica permanente è apertamente sprezzante e ribelle alla volontà del popolo. Una burocrazia senza volto opera in segreto e indebolisce il dominio democratico. I media e le istituzioni accademiche spingono assalti contro le nostre storie, tradizioni e valori. Una società libera non può consentire ai giganti dei social media di mettere a tacere le voci della gente».

Assenti i riferimenti alla Russia, con la quale il presidente Usa ha deciso di alzare la tensione, negando i visti a 10 membri della delegazione all’Assemblea generale delle Nazioni unite. Per questo Dmitri Peskov, portavoce del presidente russo Vladimir Putin, ha annunciato che un rappresentante dell’ambasciata statunitense in Russia è stato convocato al ministero degli Esteri di Mosca per fornire spiegazioni.

Peskov ha definito il gesto di Washington «allarmante ed inaccettabile», e ha auspicato una dura presa di posizione da parte dell’Onu, trattandosi di una provocazione con finalità politiche.