La minaccia di sgombero pesa sulle case di Nazlet al-Semman da almeno tre anni. Sono arrivati anche i bulldozer nel 2019 a demolirne alcune, sono tornati lo scorso agosto.

Ne sono seguite proteste che ora salgono di livello. Non più in strada ma in tribunale: 41 residenti della comunità informale sorta intorno alle Piramidi di Giza hanno denunciato il governo del primo ministro egiziano Mostafa Madbouly per aver ordinato l’espropriazione delle loro abitazioni.

Lo riporta l’agenzia indipendente egiziana Mada Masr: la denuncia è stata consegnata al Consiglio di Stato la scorsa domenica, ultimo passo di un braccio di ferro che ha di nuovo al centro i piani di sviluppo urbanistico tipici della presidenza al-Sisi. Ovvero mega progetti residenziali, turistici e infrastrutturali che in diverse regioni egiziane hanno condotto – o stanno conducendo – al trasferimento forzato delle classi basse e dei poveri.

Succede al Cairo con il Maspero Triangle, area residenziale per l’alta borghesia che soppianta la storica Via 26 luglio e sfratta migliaia di famiglie; e succede sul Nilo, con l’isola di al Warraq presa di mira con la scusa dell’edificazione illegale di baracche per sostituirle con il progetto turistico e residenziale Horus.

NAZLET AL-SEMMAN è nei piani del governo egiziano dal 2008 con la «Cairo 2050 Strategy», Hosni Mubarak era ancora saldo al potere. All’epoca le autorità smisero di rilasciare licenze per la costruzione di nuovi edifici. Nel gennaio 2019 il balzo in avanti: la previsione di sgombero per 4.800 famiglie residenti e la demolizione delle loro abitazioni.

Troppo vicine alle Piramidi, secondo Il Cairo, costruzioni che inquinano lo spettacolo di una delle sette meraviglie del mondo. Un sito che il governo egiziano di al-Sisi vuole trasformare in un museo a cielo aperto.

Seguirono immediate le proteste con l’arresto di 18 abitanti di Nazlet al-Semman, poi rilasciati, con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale, ferimento di un poliziotto e assemblea illegale. Gli scontri erano scoppiati dopo l’arrivo dei bulldozer e quattro demolizioni.

«SONO NATO QUI e vivo in un edificio legale. Non hanno il diritto di distruggere case non abusive – disse all’epoca al quotidiano Al-Ahram Ahmed al Arabi, una guida turistica – Quasi tutti qui lavorano nel turismo, qualcuno nei bazar, altri come guide. Siamo tutti legati al luogo in cui viviamo e lavoriamo». Diversa la versione del governo che all’epoca parlò di demolizioni mirate: solo case costruite illegalmente nei sei mesi precedenti. Poi più nulla. Fino all’agosto 2021: decine di nuove demolizioni senza preavviso né spiegazioni ufficiali.

I residenti, le spiegazioni le hanno viste con i loro occhi: l’area è divenuta la destinazione del Grand Egyptian Museum, mega struttura di 500mila metri quadrati per 100mila reperti e 795 milioni di dollari di spesa, e un reticolo di nuove strade che collegano i vari siti turistici. Un piano di sviluppo risalente a 14 anni fa, quando l’attuale premier Madbouly era a capo dell’Autorità generale per la pianificazione urbana. È stato Madbouly, nel 2014, a ritirarlo fuori dal cassetto, in qualità di ministro della Casa.

Ora la nuova accelerazione ha riacceso la rabbia di Nazlet al-Semman. Da cui la decisione di denunciare un pezzo di governo egiziano: il piano può essere realizzato, dicono i residenti a Mada Masr, senza cacciare nessuno. Alla corte chiedono di bloccare il progetto e gli sgomberi imminenti.

E ANCHE DI CONTROLLARE gli «strani» calcoli fatti dal governo: nei dati del Cairo – dicono – alcune case sono più piccole della realtà, un modo per riconoscere (nel caso il progetto vada avanti) risarcimenti inferiori; altre non sono attribuite a nessun proprietario, il risarcimento nemmeno è previsto.