«Dalla settimana prossima, niente docce all’allenamento delle bambine». Migliaia di famiglie di Barcellona hanno ricevuto dai centri sportivi messaggi di questo tono sui loro telefoni. La Catalogna da ieri è entrata ufficialmente in emergenza siccità. Come da anni accade in Andalusia, però mille chilometri più a sud.

LA SITUAZIONE preoccupa già dall’estate scorsa. Sono 40 mesi che in Catalogna non piove in maniera importante: più di tre anni. Tra il 1990 e il 2020 a Barcellona pioveva una media di 620 litri per metro quadro all’anno. Ma dall’aprile 2021 la media annuale, calcolata sui 365 giorni anteriori, è precipitata a 410 litri per metro quadro all’anno.

E dal marzo 2023 è sotto i 330 litri (il picco negativo si è toccato ad aprile 2023, 216 litri per metro quadro durante l’anno precedente). Ieri il pluviometro mostrava 327,2 litri per metro quadrato. Detto in un altro modo: negli ultimi 43 mesi, dal luglio 2020 a oggi, 37 mesi hanno segnato meno precipitazioni della media.

Il governo catalano ha formalmente dichiarato l’emergenza in un decreto approvato giovedì perché, come prevedeva il piano approvato nei mesi scorsi, mercoledì le riserve idriche della regione sono scese sotto il 16%. Nel decreto si limita a 200 litri per abitante al giorno la dotazione d’acqua messa a disposizione dal sistema in 202 comuni più popolati, tra cui Barcellona e Girona. Le misure coinvolgono circa sei milioni di catalani. Analoghe misure prese in Andalusia coinvolgono altri quattro milioni di persone.

NEI MUNICIPI dove si superano i 200 litri a persona d’uso si inizieranno già a notare cadute di pressione dell’acqua. I cittadini di Barcellona in media utilizzano circa 165 litri a testa al giorno: per ora non noteranno molto la differenza. Ma il presidente catalano Pere Aragonés raccomanda che ogni famiglia comunque si sforzi di non superare i 90 litri.

Per le strade di Gualba con scorte d’acqua foto Ap/Emilio Morenatti
Per le strade di Gualba con scorte d’acqua (Ap/Emilio Morenatti)

Il problema, come sempre, è che si colpisce in maniera diversa a seconda del livello economico. Annaffiare 100 metri quadrati di giardino può richiedere 400 litri, farsi un bagno fino a 300, per riempire una piscina di una villa ci vogliono 20mila litri. Secondo dati del 2016, tra jacuzzi e piscine, il consumo medio per ospite di un hotel a 5 stelle è di 545 litri al giorno, in uno a 4 stelle di 373 e uno a tre stelle di 232.

E infatti le misure del decreto, oltre al limite dei 200 litri, prevedono che non si possano riempire le piscine, neanche quelle degli impianti sportivi: il mondo del turismo è in allarme e camping e resort stanno già pianificando di utilizzare acqua di mare. Inoltre, non si può lavare nessun tipo di veicolo (per farlo si usano fino a 400 litri d’acqua), a meno che non si vada in un centro specializzato con ricircolo d’acqua.

PER IRRIGARE il verde urbano si dovrà usare esclusivamente acqua non potabile (e il comune di Barcellona sta cercando misure per limitare al massimo le perdite fra i suoi 35mila alberi urbani usando acque freatiche o riciclate). Discorso analogo per la pulizia delle strade: non cesserà. Dall’estate scorsa sono chiuse docce e lavapiedi sulle spiagge, in città così come in tutto la costa catalana. Anche tutte le fontane monumentali, come la famosa «Fonte magica» sul Montjuic di Barcellona, sono chiuse dall’estate scorsa.

Le restrizioni più importanti sono quelle all’agricoltura, che utilizza la maggior parte delle risorse idriche: nella fase di emergenza, si dovrà ridurre dell’80% l’irrigazione agricola, del 50% l’uso dell’acqua in agricoltura e del 25% quella per uso industriale.

Il bacino idrico Sau Reservoir a nord di Barcellona quasi all’asciutto foto Ap /Emilio Morenatti
Il bacino idrico Sau Reservoir a nord di Barcellona quasi all’asciutto foto Ap /Emilio Morenatti

Ma come non si stancano di ricordare gli attivisti per il clima con le loro azioni che fanno alzare le sopracciglia dei benpensanti immersi nelle loro jacuzzi, l’emergenza climatica non scomparirà e la siccità di quest’anno non sarà l’ultima. Tutti alzano gli occhi al cielo, sperando che la primavera porti pioggia.

MA SE LE PREGHIERE non dovessero bastare, la sfida per il futuro è aperta. Secondo Aragonés, l’acqua rigenerata – proveniente da depuratori – è già oltre il 55% (per questo, ha spiegato, abbiamo potuto ritardare l’entrata in vigore di queste misure), ma l’obiettivo è di costruire nuove strutture nei prossimi anni. In Catalogna c’è pure l’impianto di desalinizzazione più grande d’Europa: al Prat de Llobregat, dove ha sede l’aeroporto, che produce 60 ettometri cubici all’anno di acqua destinata a coprire quasi un quarto del fabbisogno dell’ambito urbano.

E per quest’estate addirittura si parla della possibilità di importare acqua in nave da Marsiglia, Palma o Tarragona. Ma questa è una soluzione estrema (cara e poco efficiente) che il governo catalano spera di non dover prendere.

Intanto le famiglie catalane si preparano a mesi di pedagogia domestica sull’uso dell’acqua, chiudendo i rubinetti, con docce più rapide e lavatrici più piene e la speranza che in primavera quegli stivali e quegli impermeabili messi via nel fondo di un armadio molti mesi fa si possano tirare di nuovo fuori.