Obama e Hollande festeggiano el-Serraj. Il presidente Usa e il suo omologo francese lo hanno confermato ieri a margine del summit sulla sicurezza nucleare in corso a Washington. Secondo loro, il governo unitario (Gna) appena insediatosi a Tripoli, è la sola possibilità di «fermare lo Stato islamico (Isis) in Libia».

Sostegno a Serraj è arrivato ieri anche dal premier italiano, Matteo Renzi, che ha assicurato supporto finanziario e aiuti alle forze di polizia libiche. Roma si è più volte candidata per guidare un’eventuale coalizione internazionale Onu, richiesta dal governo libico. Anche il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi sembra essere pronto a sostenere il premier unitario el-Serraj.

Nel caso questo avvenisse, l’esperimento del parlamento di Tobruk potrebbe risultare in parte superato così come le fortune dell’ex generale, Khalifa Haftar, che non è mai riuscito ad arrivare a Tripoli. Tuttavia, il possibile sostegno egiziano ad al-Serraj, da una parte, assicurerebbe il mantenimento della zona cuscinetto del Cairo in Cirenaica, dall’altra, confermerebbe quanto il golpe militare del 2013 in Egitto sia sempre stato al servizio delle potenze occidentali. L’Egitto avrà un ruolo centrale in caso di avvio di una missione internazionale in Libia.

Ma lo sbarco di Fayez el-Serraj a Tripoli sta lacerando la Libia più di quanto lo sia già. Il premier dell’esecutivo di Tripoli, Khalifa al-Gweil, potrebbe ripercorrere le orme di Ali Zeidan. L’ex premier islamista era stato costretto a lasciare la Libia dopo tentativi di rapimento e in seguito allo scandalo Morning Glory quando i separatisti della Cirenaica riuscirono a vendere petrolio in autonomia al cargo battente bandiera Nord-Coreana. Questa volta a fuggire potrebbe essere il premier di Tripoli, Khalifa Gweil, esponente della corrente più intransigente che non ha sostenuto l’intricato percorso di formazione del governo di unità nazionale, annunciato a Skhirat il 17 dicembre scorso. Secondo alcune fonti locali non confermate, il trasferimento di Gweil a Misurata sarebbe già avvenuto nella notte tra giovedì e venerdì. Il premier di Tripoli ha definito il governo di el-Serraj, composto da «infiltrati illegittimi». Il Cng non ha mai concesso la legittimità al nuovo esecutivo, così come non ha fatto la Camera di Tobruk, in Tripolitania.

Il Congresso nazionale generale (Cng) aveva fatto di tutto per impedire l’insediamento del Governo di accordo nazionale (Gna) e dei suoi 30 ministri, alcuni espressione anche della complessa galassia dell’islamismo politico libico.

Eppure lo scorso mercoledì, Serraj era riuscito a sbarcare nella base di Abu Sittah, dove ancora si trova grazie alla protezione assicurata da alcune tra le brigate di Misurata. Il cartello Fajr (Alba) si è di fatto spaccato con la formazione del Gna ed è diviso tra i miliziani che hanno assicurato il loro sostegno a Gweil e le brigate che gestiranno la sicurezza di Serraj, dopo essersi accreditate come valido baluardo anti-Isis in varie occasioni agli occhi di Stati uniti e Unione europea.

Il Consiglio degli anziani di Misurata e alcune istituzioni della società civile hanno negato invece la legittimità dell’esecutivo di unità nazionale. «Rifiutiamo l’imposizione con la forza del nuovo governo, senza il voto di fiducia del parlamento», si legge in un documento congiunto dei rappresentanti di Misurata che considerano l’insediamento di al-Serraj «un atto ostile».

L’arrivo dell’esecutivo forgiato dalle Nazioni unite aveva subito innescato cruenti scontri tra milizie. In particolare, i miliziani di Salah Badi hanno attaccato le brigate che in un primo momento si erano dette disposte a difendere l’incolumità di el-Serraj.

Secondo alcuni siti libici in lingua inglese, vicini al Gna, Serraj avrebbe ricevuto ieri vari notabili di Tripoli, tra di loro una figura centrale per gli equilibri commerciali del paese, il governatore della Banca centrale libica, Sadiq Elbaker. Serraj, 56 anni, è stato il ministro dell’Edilizia dei governi del colonnello Muammar Gheddafi.

Secondo molti, il nuovo premier è la chiara espressione delle intenzioni di Usa e Ue di mettere le mani sul paese e, come primo atto, una volta consolidato il suo mandato, dovrebbe chiedere la formazione di una coalizione internazionale per una missione di peace-enforcement nel paese.

Serraj avrebbe incontrato ieri anche gli esponenti di 13 municipalità di Tripoli. «Abbiamo espresso sostegno al Gna», ha spiegato il consigliere, Ahmed Wali. Anche alcuni consigli comunali delle «città-stato» della Tripolitania, tra cui Sabratha, avrebbero annunciato un iniziale sostegno al Gna. Resta in forse l’appoggio di Zuwara. Nella città costiera si sarebbe rifugiato il presidente del Cng, Nouri Abusahmin. Anche il gran mufti libico, al-Sadiq al-Gharyani, ha assicurato il suo sostegno al Gna pur chiedendo alcuni emendamenti all’accordo di Skhirat in riferimento alla definizione di terrorismo e al ruolo da attribuire alla legge islamica.

Infine, l’ambasciatore libico all’Onu, Ibrahim Dabbashi, ha richiesto al Consiglio di Sicurezza un’esenzione per la Libyan Investment Authority dalle sanzioni Onu.