La svolta è arrivata dopo gli interrogatori dei funzionari del Viminale a Palazzo di giustizia di Roma: Matteo Salvini è indagato. Dopo avere ascoltato Gerarda Pantalone e il suo vice, Bruno Corda, ai vertici del dipartimento delle Libertà civili del Viminale, il capo della Procura di Agrigento, Luigi Patronaggio, ha trasmesso il fascicolo al tribunale dei ministri di Palermo. Nell’inchiesta, che era stata aperta contro ignoti, spuntano i primi nomi. Sono quelli del vicepremier e del suo capo di gabinetto al ministero. Sequestro di persona, arresto illegale e abuso d’ufficio, sono le ipotesi di reato contestate al capo del Viminale e al suo più stretto collaboratore.

L’INDAGINE passa così al tribunale competente per i reati commessi dai ministri nell’esercizio delle loro funzioni perché la magistratura ordinaria non può agire. Dopo avere valutato le informazioni ricevute dai due prefetti e la documentazione a supporto, il capo della Procura di Agrigento, che aveva aperto l’indagine per sequestro di persona e arresto illegale dei 190 migranti a bordo della Diciotti ormeggiata da sei giorni nel porto di Catania, codice alla mano, ha informato i colleghi di Palermo.

È lo stesso Patronaggio ieri sera a spiegare gli sviluppi dell’indagine diramando una nota nel tentativo di disinnescare eventuali, e sicure, polemiche: «La procedura, prevista e imposta dalla legge costituzionale 16/1/89 n. 1, permetterà, con tutte le garanzie e le immunità previste, di sottoporre a un giudice collegiale specializzato le condotte poste in essere dagli indagati nell’esercizio delle loro funzioni, uno dei quali appartenente ai qualificati soggetti indicati all’articolo 4 della norma costituzionale».

I MAGISTRATI ritengono che sia stato il ministro Salvini a capo della catena di comando, che ha imposto il trattenimento a bordo della nave Diciotti dei 190 migranti, costretta a rimanere per giorni al largo di Lampedusa prima di approdare nel porto di Catania su disposizione del ministro per le Infrastrutture, Danilo Toninelli. Sarebbe partito da Salvini l’ordine di vietare lo sbarco dei profughi attraverso il suo Capo di gabinetto, che avrebbe gestito le fasi della decisione che ha costretto il comandante della Diciotti, Massimo Korthmeir, a impedire ai migranti di lasciare la nave.

IL REATO IPOTIZZATO in prima battuta, quello di sequestro di persona e arresto illegale, potrebbe essere cambiato nel sequestro di persona a scopo di coazione, introdotto a marzo nel codice penale e punito con la reclusione fino a 30 anni. Senza l’autorizzazione del Parlamento, Matteo Salvini, in quanto senatore, potrebbe essere sentito solo come testimone e non come indagato. Il ministro incassa il colpo e attacca i magistrati: «Cosa porti a casa? Che ti indagano. Aspetto con il sorriso il procuratore di Agrigento, voglio spiegargli le mie ragioni. Aspetto un procuratore che indaghi i trafficanti e chi favoreggia l’immigrazione clandestina. Gli ricordo che gli scafisti comprano armi e droga che poi viene spacciata magari fuori dalle scuole dei nostri figli». E rilancia: «È una vergogna essere indagati per difendere gli italiani, serve la riforma della giustizia. Fate più in fretta a smaltire questi processi: non si possono trattenere tanti imprenditori in attesa di giustizia.

Faccio affidamento ai tanti magistrati per bene». Parole che Salvini pronuncia da Pinzolo, dopo avere appreso di essere stato iscritto del registro degli indagati. «C’è un popolo stufo di essere servo: bloccare l’immigrazione clandestina non è un diritto ma un dovere di un ministro; abbiamo fatto e speso anche troppo, lo dico soprattutto al popolo della rete non possono imbavagliare nessuno».

SEMBRA CEDERE rispetto alla linea intransigente mantenuta finora: «Gli immigrati della Diciotti sbarcheranno nelle prossime ore, ho ritenuto di farli sbarcare, vi dirò dove andranno. Chiedo di ridiscutere i miliardi che l’Italia manda a Bruxelles, è giunto il momento di tagliare i finanziamenti a un ente inutile».

Agli attacchi alla magistratura, nel pomeriggio, avevano replicato i consiglieri del Csm Valerio Fracassi, Claudio Galoppi, Aldo Morgigni e Luca Palamara che hanno chiesto che venga messo all’ordine del giorno del plenum, fissato per il 5 settembre, la verifica del rispetto delle norme. «Gli interventi a cui abbiamo assistito, per provenienza, toni e contenuti – hanno detto i quattro togati riferendosi alle critiche di alcuni politici – rischiano di incidere negativamente sul regolare esercizio degli accertamenti in corso». Per i togati «è necessario un intervento del Csm per tutelare l’indipendenza della magistratura e il sereno svolgimento delle attività di indagine».