Uno studio di Jesse Bloom, importante biologo del centro di ricerca “Fred Hutchinson” di Seattle (Usa), sembra aver trovato nuovi indizi della responsabilità cinese nell’origine della pandemia. Secondo Bloom, alcune informazioni sulle varianti del coronavirus isolate nei primissimi giorni del contagio sarebbero state fatte sparire dai database su mandato del governo cinese. Le varianti sarebbero state rimosse in quanto confuterebbero la tesi, accreditata anche da una task force dell’Oms inviata in Cina, secondo cui l’epidemia sarebbe partita dal mercato ittico Huanan di Wuhan e non da un laboratorio disattento.

In effetti, sull’origine dell’epidemia ne sappiamo più o meno quanto un anno fa. L’origine del focolaio di polmoniti sospette che per primo allarmò le autorità sanitarie cinesi a dicembre 2019 fu localizzata nel mercato, frequentato da molti dei contagiati. Un capannone pieno di animali vivi in precarie condizioni igieniche sembrava d’altronde l’ambito naturale in cui un virus animale potesse saltare nell’uomo. Ma, oltre al fatto che al mercato le specie che più facilmente ospitano i coronavirus non c’erano, nel tempo sono emersi altri casi di Covid-19 senza legami con il mercato risalenti fino al mese di novembre.

La ricerca di Bloom, che per ora è solo un manoscritto archiviato sul web non vagliato da una rivista scientifica, assomiglia alla trama di un cyber-giallo. Imbattendosi in una semisconosciuta pubblicazione dell’università di Wuhan datata giugno 2020 sui primi casi registrati a Wuhan, Bloom si accorge che nel frattempo le varianti descritte sono state cancellate da una banca dati online dai loro scopritori, ufficialmente perché già catalogate altrove (ma Bloom non ne ha trovato traccia). I cinesi non avevano fatto i conti con Google, che tutto sa e tutto registra: sui server di Mountain View c’è una copia di quelle sequenze virali. Bloom, da esperto bioinformatico, le riporta alla luce e scopre che non combaciano con le sequenze rinvenute al mercato: secondo i suoi algoritmi, le sequenze nascoste rappresentano uno degli anelli di congiunzione tra il virus del mercato e il “vero” progenitore, su cui per ora circolano solo congetture.

Come si vede, non basta per avvalorare l’ipotesi del virus scappato dal laboratorio. Ma secondo il biologo dimostra che i dati studiati dall’Oms «non sono rappresentativi di tutte le varianti del coronavirus circolanti a Wuhan nei primi giorni dell’epidemia». L’apparente assenza di un motivo valido, suggerisce a Bloom che «almeno in un caso, i meccanismi della scienza basati sulla fiducia siano stati manipolati per nascondere sequenze rilevanti per l’origine del virus a Wuhan». Anche perché la rimozione sarebbe avvenuta in coincidenza con una giro di vite del governo cinese sulla libertà di espressione dei ricercatori locali riguardo alle informazioni sul virus.

Molti colleghi di Bloom esprimono dubbi sull’ipotesi. «L’idea che il gruppo stia nascondendo qualcosa è ridicola» ha detto alla rivista Science Andrew Rambaut dell’università di Edimburgo, forse il massimo esperto mondiale di evoluzione dei virus. «Se avessero voluto nascondere qualcosa, non avrebbero di certo pubblicato un articolo». Anche Andrew Preston, microbiologo all’università di Bath, parla di «una descrizione del tutto soggettiva della situazione, che sarà difficile confermare o smentire».

Lo studio di Bloom però ha riattivato i teorici del complotto cinese avallato dall’Oms. Bloom stesso, con 16 eminenti colleghi, aveva chiesto pubblicamente maggiori indagini sulla pista del virus scappato da un laboratorio. Negli ultimi mesi la teoria ha preso sempre più piede favorita, paradossalmente, dall’uscita di scena di Trump che l’aveva coniata. La comunità scientifica statunitense, schierata in maggioranza contro la sua amministrazione, non aveva supportato la linea anti-cinese presidenziale. Con l’elezione di Biden molti ricercatori (Fauci in testa) hanno preso ad accusare apertamente la Cina di scarsa trasparenza sulla pandemia. Al di là delle accuse reciproche tra Usa e Cina, alimentate dallo scontro geopolitico in atto, gli elementi concreti scarseggiano. Secondo gli scienziati più avveduti, a una verità definitiva sull’origine della pandemia probabilmente non arriveremo mai.