Terrorismo, istigazione, apologia e offesa all’onore e al prestigio del presidente della Repubblica. È per questi reati ieri mattina, tra Genova, La Spezia, Massa e Carrara è scattato un blitz della polizia contro nove anarchici, quattro dei quali sono stati arrestati. Secondo gli investigatori della Digos e del Servizio per il contrasto all’estremismo e al terrorismo interno della polizia di prevenzione, coordinati dalla Dda di Genova, saremmo in presenza di «un’associazione con finalità di terrorismo dedita, tra l’altro, all’ideazione, predisposizione, redazione, stampa e diffusione della pubblicazione clandestina denominata ‘Bezmotivny – Senza Motivo’, quindicinale divenuto principale strumento di promozione e diffusione del messaggio anarchico più oltranzista, la cui prima edizione risale al dicembre 2020». Piccolo particolare: Bezmotivny ha sospeso le sue pubblicazioni a luglio perché, come si legge nell’ultimo editoriale, in redazione «sono ormai rimasti solo 3 o 4 compagni, mentre gli altri danno un contributo materiale minimo». Questo, comunque, viene ritenuto abbastanza per ritenere minacciata la Repubblica. La base operativa è stata individuata nello storico circolo «Gogliardo Fiaschi» di Carrara e nella tipografia «Avenza Grafica» di Massa, posta sotto sequestro dagli inquirenti.

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La Dda di Genova ha così disposto gli arresti domiciliari per Gino Vatteroni, Paolo Arosio, Gaia Taino e Luigi Palli, e l’obbligo di dimora per Luca Aloisi, Andrea Grazzini, Jessica Butoni, Veronica Zegarelli e Michele Fabiani. L’operazione è stata chiamata «Scripta Scelera», nonostante l’Italia abbia recepito la direttiva europea che imporrebbe alle procure sobrietà nella scelta dei nomi delle proprie inchieste, al fine di non ledere il principio di presunzione d’innocenza. «È praticamente certo che l’attività apologetica ed istigatoria proseguirà – si legge nell’ordinanza – sostenuta dal vincolo associativo che, in quasi tre anni di vita, si è consolidato ed è il motore della vita del periodico. Tutti sono assiduamente dediti alla formazione della rivista, ciascuno col proprio ruolo principale, che spesso si accompagna ad attività diverse».

Vatteroni viene ritenuto il principale organizzatore, Arosio è uno dei redattori di Bezmotivny, Taino scrive e traduce, Palli è il tipografo e Aloisi si occupa di questioni logistiche come la «ricerca di un macchinario che consenta al sodalizio di rendere autonoma la stampa del periodico», perché, come ammesso dalla stessa rivista, i costi della stampa sono diventati insostenibili. Diverso il ruolo di Fabiani, che scriveva articoli e «manteneva contatti con Alfredo Cospito». La faccenda è nota, tant’è vero che Fabiani e Cospito sono stati imputati insieme in diversi processi, l’ultimo dei quali si è tenuto a Perugia pochi mesi fa ed è finito con la caduta di tutte le accuse. Erano gli sgoccioli dell’operazione Sibilla, che pure riguardava la realizzazione di un periodico anarchico ritenuto veicolo di istigazione e apologia di terrorismo.

A Bezmotivny, tra le altre cose, viene contestata anche la stampa clandestina, non essendo mai stata registrata la testata in tribunale. Tuttavia la sua diffusione, ancorché assai ridotta, non si muoveva certo per canali misteriosi: sul web sono ancora facilmente rintracciabili tutte le indicazioni per procurarsene una copia o addirittura abbonarsi. Le colonne del giornale erano affollate di riflessioni che in qualche modo possiamo ritenere classiche per l’anarchismo italiano, in un difficile tentativo di tenere insieme un’area pulviscolare e sparsa in tutto il paese, tra richiami alla storia del Novecento e cronaca (abbastanza disordinata) delle varie iniziative anarchiche ancora in campo. Ovviamente nell’ultimo anno e mezzo molto spazio è stato dedicato alla solidarietà nei confronti di Alfredo Cospito («Dando risalto in termini positivi alle relative rivendicazioni», si legge sempre nell’ordinanza).

Gli investigatori sono convinti che la rivista serviva a definire una linea di condotta e a individuare obiettivi da colpire, cioè a «perseguire un innalzamento del livello dello scontro con le istituzioni», arrivando ad auspicare «l’utilizzo di armi da sparo», perché, secondo Bezmotivny, «ciò che più conta è l’azione e non le chiacchiere». Ma li arrestano per le chiacchiere.