I cittadini normalmente “scappano” al pronto soccorso per essere aiutati. Al contrario i medici “scappano” dal pronto soccorso, perché nessuno li aiuta e non ce la fanno più. Credo che la mancanza di aiuto non sia riducibile ad una semplice questione di organizzazione sanitaria ma sia prima di ogni cosa la più odiosa lesione ai valori di sicurezza, di integrità, di giustizia, di umanità previsti in Costituzione.

Il pronto soccorso, che suo malgrado non funziona, nega aiuto a chi avendone bisogno è per antonomasia il cittadino più debole. Siamo oltre il diritto alla salute (art 32) perché abbiamo a che fare con l’abbandono sociale, con la revoca del diritto di ognuno di noi di difendersi e di essere difeso dal male.

Non ha senso ripudiare la guerra e avere negli ospedali dei pronto soccorso in guerra. Non è una esagerazione. Chi lavora nel pronto soccorso non dice mai che il suo è un lavoro ma dice sempre che il suo lavoro è tutti i giorni una guerra. Ma perché questa guerra? E soprattutto da dove nasce?

All’indomani dell’approvazione della riforma del 1978, la spesa sanitaria continuava a crescere e la politica del tempo pensò bene di contenerla dichiarando semplicemente guerra all’ospedale, cioè al costo più alto del sistema, trasformando l’ospedale in tre cose: in un pregiudizio “anti hospitium”; in un problema economico relativo alla sostenibilità; e in una illogica contrapposizione: l’ospedale contro il territorio.

Fu proprio la sinistra di governo del tempo che invece di riformare l’ospedale pensò semplicemente che bastava deospedalizzarlo. Cioè di praticare una sorta di “ospedalectomia”. Il risultato è stato che negli ultimi 20 anni il sistema ospedaliero non è mai stato riformato però ha chiuso 300 ospedali, cancellato 80 mila posti letto perdendo 50 mila operatori. E’ ovvio che oggi il pronto soccorso sia in tilt.

Ad aggravare la situazione arriva il Pnrr, il ministro Speranza eredita dal passato la crisi del pronto soccorso ma anziché contrastarlo conferma il pregiudizio anti hospitium, ovvero le vecchie politiche di deospedalizzazione e la vecchia contrapposizione ospedale contro territorio. Cioè conferma la riforma Bindi del 1999 e il famoso Dm 70 del 2015 cioè il regolamento definito da Balduzzi (ex responsabile dell’ufficio legale di Bindi) attraverso il quale ancora oggi si definiscono tutti gli ospedali del paese.

Lo scopo politico di questo regolamento attraverso certi standard era di definire non uno ospedale adeguato ai bisogni di questa società ma di definire uno ospedale minimo tarato su uno standard (3.5 posti letto per 1000 abitanti), cioè un ospedale al costo più basso possibile, in grado di fare un passo indietro per concedere al territorio uno spazio maggiore.

Poi arriva la pandemia. Uccide 165000 persone e fa venire a galla tutte le vecchie magagne degli ospedali e del territorio, cioè tutti gli errori e le omissioni politiche del passato. Ma nonostante la pandemia il ministero della salute nel Pnrr conferma sia la riforma Bindi, sia il Dm del 2015, quindi conferma il vecchio parametro 3.5 posti letto che però entrando in campo questi strani ospedali definiti di “comunità” ma che tutto sono meno che ospedali, di fatto abbassano il numero complessivo dei posti letto di tutto il sistema ospedaliero riducendone enormemente la funzionalità.

È quindi a causa prima di tutto del pregiudizio anti hospitium se oggi il pronto soccorso collassa fino a riempirsi di barelle e materassi buttati per terra lasciando i malati e i loro famigliari nella più cupa delle disperazioni. La cosa che si stenta a credere è che nonostante la pandemia questo pregiudizio politico continui a sopravvivere incurante di mettere in pericolo la sopravvivenza delle persone.

A questa drammatica situazione l’Anao, il sindacato dei medici ospedalieri, ha avanzato una serie di proposte (l’indennità di pronto soccorso, riconoscere il carattere usurante, riposi compensativi aggiuntivi, la depenalizzazione degli errori causati da problemi organizzativi ecc).

Ma chi fino ad ora ha messo davvero il dito nella piaga obbligando in un certo senso il ministro Speranza ad un confronto è stato il “forum dei clinici ospedalieri e universitari” che in un recente quanto disperato comunicato stampa, sollecita il ministro a non abbandonare il confronto riproponendo con urgenza la vera questione politica e che è la riforma del Dm 70 e quindi la modifica del Pnrr. Se nel pronto soccorso tutti scappano ma scappa anche la politica, allora non c’è speranza. E purtroppo politicamente Speranza non c’è.