Per iniziare a cambiare l’Italicum l’ora X potrebbe scattare già nel pomeriggio di mercoledì 21 settembre quando alla Camera approderà la mozione di Sinistra italiana che chiede di cancellare dal testo «quei palesi vizi di incostituzionalità» per i quali il 4 ottobre la stessa legge sarà esaminata dalla Corte Costituzionale. «Nessuna volontà di ingerenza nel lavoro della Consulta», spiega Arturo Scotto, capogruppo di Si, «ma anche noi dobbiamo fare il nostro mestiere».

Ma la pronuncia è vicina. Non era meglio aspettare?

I temi che proponiamo sono quelli che abbiamo sostenuto nel corso di tutto il dibattito parlamentare. L’Italicum è un Porcellum 2.0. Abbiamo chiesto di discuterne con urgenza. Oggi c’è quest’occasione, il parlamento faccia la sua parte.

La vostra mozione sarà votata da tutti quelli che dicono che l’Italicum va cambiato?

L’Italicum ormai non è più figlio di nessuno. Renzi, Boschi e Napolitano negli ultimi giorni lo hanno smontato senza spiegare cos’è cambiato. Fin qui era la legge che ci avrebbe copiato tutta Europa, ora va rottamata. Possiamo far tornare nelle mani del parlamento una materia che era stata avocata dal governo con passaggi inediti nella storia della Repubblica: la sostituzione di dieci membri in commissione, il contingentamento dei tempi, la fiducia. Vogliamo intervenire su premio di maggioranza, liste bloccate e capilista. Tutti quelli che dicono di voler cambiare l’Italicum dovrebbero essere d’accordo.

Crede che il Pd la voterà?

Diversamente non capirei perché il Pd nelle interviste e nei comizi dice che la vuole cambiare. Saremmo di fronte a pura propaganda. Ma sia chiaro: sappiamo bene che una mozione non si nega a nessuno, non serve un impegno blando, serve una scelta politica.

Infatti la minoranza dem chiede piuttosto una proposta di Renzi.

La minoranza Pd pone giustamente la questione al principale responsabile di questo pasticcio. Ma l’occasione per mettere qualche elemento di cambiamento ora c’è, mi auguro che tutti la colgano.

Per M5S la mozione «è una perdita di tempo».

Anche loro dovranno dire se vogliono cambiare l’Italicum o no. Non hanno votato la fiducia, saranno conseguenti.

I capigruppo l Pd dovrebbero ’esplorare’ le forze politiche per capire se c’è una maggioranza per modificare la legge.

Questo mandato esplorativo per ora sta solo sui giornali. Servono atti concreti.

Cioè lei non crede a Renzi.

Renzi teme di perdere e prova a stemperare lo scontro sulla legge elettorale. Il referendum lo perderà comunque perché la riforma costituzionale è sbagliata nel complesso, al di là del combinato con l’Italicum.

A sinistra c’è chi avverte che non basta il premio alle coalizioni per il vostro sì. Sparate contro l’Italicum solo per ricostruire l’alleanza con il Pd?

È un falso problema. Il premio alla coalizione non cancella nessuno dei rischi di quell’impianto ed è il modo di Renzi per tenersi abbracciato ad Alfano e Verdini. Il punto è smontare l’Italicum. Il tema delle alleanze invece è un tema politico. E si porrà nel momento in cui ci sarà una svolta vera. Che oggi non c’è.

Se vince il no che succede?

Il no respinge un disegno pasticciato che riduce gli spazi democratici, che alimenta, come dice Bersani, i populismi e diminuisce il peso della politica sull’economia. Lo vediamo anche con il coro unanime dagli appelli sgrammaticati di un ambasciatore Usa e della Germania. Bene ha fatto il presidente Mattarella a ricordare che la sovranità appartiene al popolo italiano. Se vince il no non c’è il caos, la democrazia ha sempre uscite di sicurezza. E non è vero come dice Bertinotti che la vittoria del no non cambia nulla: per la sinistra può riaprire la possibilità di ricostruzione di un’area democratica e progressista, dopo gli anni del renzismo e del partito della nazione.

Proprio come dice D’Alema.

Su questo punto ha perfettamente ragione.

Ma molti dei vostri giurano: ’mai più con il Pd’.

Noi abbiamo l’obbligo di fare una proposta al paese. Di rompere quel punto su cui Renzi ha costruito la sua campagna referendaria e la sua fortuna politica, e cioè la sindrome del ’non ci sono alternative’. In democrazia le alternative ci sono sempre. E noi, che siamo una sinistra autonoma, abbiamo il compito di costruire una prospettiva del cambiamento, di evitare che il paese finisca dentro un imbuto di proposte simili all’impianto di Renzi sia sul terreno del M5S che della destra.

Sareste disponibili a un eventuale governo di scopo?

Il presidente Mattarella ha la saggezza per interpretare il passaggio, se dovesse prevalere il no e dovesse esserci un nuovo quadro politico. Le istituzioni democratiche hanno certamente la forza di garantire l’autonomia del nostro paese e una nuova legge elettorale, scritta in maniera larga e non costruita sulla base delle convenienze di una maggioranza.